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C’era una volta un gelatiere. Un gelatiere con un negozietto piccolo. Ma talmente piccolo che la gente per comprare il gelato doveva fare la fila sul marciapiede e siccome il marciapiede era stretto, la fila era una bella fila all’inglese, una persona dietro l’altra. Questo gelatiere viveva in un paese umido e piovoso, e quando pioveva la fila davanti al suo negozio non è che fosse più corta, era solo più colorata, perché chi aveva l’ ombrello lo apriva e cercava di coprire dalla pioggia anche gli altri. E questo la dice lunga sui gelati di questo gelatiere, perché tutti sono disposti a fare la fila per il gelato buono quando fa caldo, ma trovatemele voi le gelaterie con la fila fuori quando piove e tira vento e hai bisogno dell’ombrello per non far bagnare il gelato intanto che lo mangi.

Insomma, questo gelatiere non solo era bravissimo a fare il gelato, si sussurrava che, volendo, lui sarebbe riuscito a fare del gelato anche con il vetro, ma era bravissimo proprio perché era attentissimo agli ingredienti che usava. Quando a fine stagione chiudeva la gelateria, se ne andava in giro a cercare frutta, miele, pistacchi e tutte le cose buone, e faceva i suoi esperimenti. Ma anche in stagione cercava sempre di inventarsi qualcosa di nuovo.

I suoi clienti affezionati lo sapevano e chi gli portava il miele delle sue api, chi la frutta del suo orto, due che avevano appena fatto un bambino gli portarono del latte materno, per abituare il pupo fin da subito al buon gelato al gusto mamma. A volte si inventava delle cose tremende, come la volta che fece il gelato al sangue e chi lo voleva assaggiare doveva indovinare che sangue fosse.

Ora con questa del gelato al sangue voi vi immaginerete un gelatiere stile gigante Ferraù, grosso, feroce e con un sacco di peli in faccia e sulla schiena, e onestamente devo dire che non lo so, perché la schiena ancora non gliel’ho mai vista. Invece questo gelatiere era caruccio, gentile e bastava guardarlo in faccia per capire che in fondo lui era sempre un ragazzino simpatico e curioso a cui piaceva fare gli esperimenti.

Insomma, un bel giorno insieme alla sua bravissima e pazientissima socia Carlina (e provateci voi ad essere la socia di un gelataio così senza avere senso dell’umorismo e pazienza) cominciarono a riflettere sullo scopo del proprio lavoro. Loro volevano fare felice la gente. Perché quando vedi qualcuno piangere, ti fa brutto. E allora volevano inventarsi qualcosa per non far piangere più nessuno. Ci pensarono e ripensarono e alla fine misero insieme 650 kit di raccolta lacrime, con una scatolina col coperchio, piccola ovviamente, e tutto un set di istruzioni per la raccolta, stoccaggio e shipping ottimale, che il vero professionista si riconosce dalle regole etiche che chiede ai propri fornitori.

E siccome lui e Carlina erano molto, ma molto attenti alla qualità degli ingredienti, concordarono che l’ingrediente migliore erano le lacrime dei bambini, perché a quelle degli adulti la vita a volte dà un retrogusto amaro, che non sposa bene con il gelato. E siccome i bambini della zona li conoscevano molto bene e gli erano affezionati, loro sparsero la voce, dicendo che avevano bisogno di un ingrediente speciale, che chi voleva fornirne era il benvenuto e poteva passare a prendere il kit di raccolta lacrime fresche. E poi, siccome gli ingredienti loro li pagano, chi restituiva il contenitore con le lacrime riceveva un gelato di due palline in pagamento.

Diverse centinaia di kit vennero ritirati.

“E quanti ve ne sono tornati indietro?”

“Nessuno.”

“Forse uno, dai”, fece Carlina, “ma secondo me era uno scherzo, perché il barattolo era troppo pieno.”

“Comunque il gelato glielo abbiamo dato lo stesso.”

“E quindi?”

“E quindi l’esperimento è riuscito. Noi volevamo che la gente fosse felice e invece un bambino nella vita, ha tante occasioni per essere triste e piangere. Allora ho pensato che se avessimo creato una serie di procedure buffe per la raccolta delle lacrime, ora che un bambino vuole piangere, prende il kit, segue tutte le istruzioni, gli viene talmente da ridere che si dimentica di piangere. Quindi non ho fatto il gelato alle lacrime, ma non era quello lo scopo del progetto”.

“Il gelato alle lacrime era la scusa che ci siamo inventati.”

“Dopo un anno ogni bambino che ha ancora sul comodino il kit, è un bambino che non ha pianto, e questo era lo scopo.”

Silenzio.

“Ma quel bambino che ha tante occasioni per piangere eri tu per caso?”

Non mi risponde.

E per capire cos’altro è capace di inventarsi quest’uomo per far felici le persone guardatevi il video del gelato a impatto zero, sulle Dolomiti.

Roberto Coletti e Carlina Di Lorenzo in stagione li trovate qui:

Roberto Gelato

Poortstraat 93
Utrecht

3 comments

  1. Ciao.
    Una domanda parzialmente OT.
    Ma quel gelataio napoletano con l’ape car piaggio tutta tappezzata di foto che vendeva gelato a zanche schan, c’è ancora?
    Piccola curiosità :D.

    Buon fine settimana.

      1. E’ un ricordo, ci sono passato 9 anni fa ad agosto ed il tuo post sul gelato mi ha fatto venire in mente questa cosa :D.
        Non era tanto anziano ma nemmeno giovanissimo però era uno spasso :).
        Spero stia bene.

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