Io lo so che tutti vorreste sapere da dove deriva il mio nomignolo di casa Scialba. È tutta colpa di quello stronzo di mio cugino Alexander (“Quello è falso come la mamma”, diceva la suocera della zia, e aveva ragione). A me mi avevano chiamata Natascha come la mia madrina di battesimo, Alba come la nonna materna, Maria come lo zio Fernando Maria, e un altro paio di nomi che adesso non serve ricordare. E fino a un certo punto andava tutto bene, tanto che la nonna ci chiamava a me e allo stronzetto (p’tit e con sono in fondo state le prime due parole in francese che ho imparato grazie a lui) Sascha e Nascha, core della nonna se’.  Solo che il cazzone una mattina ha avuto la bella trovata di mettersi a urlare: “Nascha Alba perché è scialba” e tutto felice del suo spirito di patata mi ha rovinata per sempre. Perchè i nomignoli meno sono azzeccati più si appiccicano, n’est ce-pas?

Poi il cielo esiste, perché come disse una volta mio fratello: “Facci caso, tutti quelli che ci davano fastidio da piccoli sono morti di overdose”, insomma, pure Sascha ci rimase in qualche festino di quelli che giusto lui ci andava e hanno dovuto coprire lo scandalo, infatti la famiglia fece comprare entro le 6 di mattina tutte le copie della Gazzetta del capoluogo che non ne è avanzata neanche una, e per dei mesi su tutti i muri del centro comparivano queste scritte: “Chi fa le feste?”. Che poi muri del centro per modo di dire, solo sui palazzi loro e altre proprietà, manco il catasto era aggiornato come le scritte, quindi le deve aver fatte o fatte fare qualcuno che sapeva troppe cose.

E nel suo caso, ma giusto lui che era parente, non si trattava manco di overdose ma di un’orgia che gli era un po’ sfuggita di mano. È che al povero Sascha, che adesso diciamocelo, parlandone come se fosse vivo, stronzetto era stronzetto, e falso pure, ma gli ho voluto bene da bambina e ci siamo fatti tante risate, ma era anche uno che la vita voleva godersela a mille e per puro caso aveva scoperto che bastava un foulard di seta stretto attorno al collo, ma pochino pochino, eh, per intensificare gli orgasmi, e io glielo dicevo “Sascha, fai quello che vuoi ma ricorda cosa diceva la nonna: il letto come te lo fai ci dormi, e ti ricordo che era il suo modo pudico di dirci di stare attenti a chi ci trombiano, e tu gioia mia, ti piacciono davvero tanto quelli col bicipite turgido, che per carità, pure io, che c’entra, ma insomma, quando vuoi farti stringere il foulard meglio l’amante tipo intellettuale emaciato che il camallo che piace a te”, ma niente a lui piacevano robusti e truzzoni, e si è visto che fine ha fatto.

E allora visto che per tanti motivi che non posso sviscerare tutti qui, ma siete gente di mondo e la metà li avrete capiti da voi, io non potendo manifestarmi con nome e cognome veri (e dio benedica quei paesi dove ti puppi il cognome da sposata anche se divorzi, almeno fino a che non ti risposi, che con 3 matrimoni all’estero ben assestati ho confuso le tracce che manco la Pantera Rosa) io questo nomignolo adesso lo porto con orgoglio, tanto la saetta divina per ora mi ha dimostrato di vederci benissimo, e chi sono io per oppormi al volere dell’Eterno?

E  il della Zozza? Ma niente, quello fu il bisnonno per disperazione, che questi cognomi austro-ungarici ci si confondevano tutti con le consonanti nelle trascrizioni, a ogni documento una dizione diversa, insomma, al terzo rogito che tentavano di invalidargli con la scusa del nome che non si capiva si è deciso e ha italianizzato. Ma solo lui, col risultato che quando facciamo la riunione annuale alla reception si confondono sempre, ma poi ci si ricordano, eccome se ci si ricordano. Ma magari ve lo racconto un’altra volte, che con i cognomi ci serve un pochino di tempo, e meno male che non ho mai amato usare i titoli, che lì, uh, per pura tigna me li sono imparati a memoria a 5 anni con la prozia badessa, che quelle rinunciano a nome e cognome per sposarsi Gesù, ma non gli toccate i titoli, per carità del signore che fanno venire la grandine a forza di invocazioni, nevvero, un filino alternative, e giaculatorie, tante giaculatorie, una per titolo. E con la grandine di questa stagione ci si rovina l’uva, meglio di no, che altrimenti il vino della messa con cosa lo facciamo? Insomma, i titoli non so se ci torneremo sopra.

 

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