Sto leggendo un libro molto interessante e faticosissimo, un manuale americano di autoaiuto per adulti con l’ ADD, che è la denominazione più generica di chi soffre di deficit di attenzione con o senza iperattività. A me piace però di più l’ acronimo (AD(H)D e quindi userò questo. Faticosissimo perché riconosco tante di quelle cose che faccio proprio fatica a leggerlo, un capitolo alla volta, e poi schianto e ho bisogno di tempo per assorbire e sedimentare. Appena lo finisco ne farò una recensione.

Ma un po’ leggendo questi bei manuali di autoaiuto con tante storielle paradigmatiche di gente, un po’ i commenti ai post precedenti, sia sul blog che in privato, che mi hanno fatto scoprire tante persone che conoscevo, ma di cui non sapevo che condividessimo questa situazione, io mi sono fatta delle riflessioni. Che peraltro mi facevo già da prima. che ancor più peraltro, se conosco tutta questa gente con robe simili alla mia magari neanche è un caso. Insomma, tutto questo lo riassumerei nel detto: dio li fà e poi li accoppia.

Ora questa cosa del dio li fa e poi li accoppia non funziona solo per noi adulti, che a un certo punto ci cerchiamo, troviamo, annusiamo anche per delle similitudini, visioni del mondo condivise, odore di cuccia simile e cose del genere, e non a caso spesso e volentieri abbiamo amici che in qualche modo ci assomigliano.

Io lo vedo anche tra i bambini piccoli: i miei figli da quando hanno iniziato a socializzare hanno sempre certi amici abbastanza tipici: spessissimo sono bambini biculturali, che o perché vengono da famiglie multilingue/multiculturali come la nostra, o perché hanno vissuto all’ estero, in qualche modo condividono una certa aria di famiglia. Ce lo diciamo spesso esplicitamente tra genitori: questi bambini si annusano, si riconoscono e in qualche modo hanno piacere a stare tra di loro perché sanno che c’è più accettazione e meno pregiudizio.

Poi figlio piccolo che è uno che non ama le folle, ma pochi amici e ben selezionati, ha sempre avuto da quando ha due anni un certo tipo di amichette tipiche: ragazzine decise, determinate, vitali, chiacchierone, che in qualche modo lo tirano fuori dal suo guscio taciturno, con cui parla ininterrottamente per ore, che magari non vede per mesi o per anni, ma quando si rivedono è come se si fossero lasciati un secondo prima. E loro lo trovano molto cool proprio perché a lui non interessa, in realtà secondo me ancora non l’ha capito bene, che i maschi alla sua età si atteggiano per essere cool con le femmine. E lui piace a quelle a che non si fanno impressionare dagli atteggiamenti.

“Va bene”, fa una mia amica che le conosce le amichette di mio figlio, “ma scusa, tu come sei? Lui è abituato a te”. Ah, già.

Ecco, allora io noto che tutta una serie di miei amici e conoscenti con robe tipo la mia, diagnosticata o meno, in qualche modo si trovano dei partner che assomigliano un po’ al mio: gente strutturata, organizzata, pianificata, che poi si innamora del senso di leggerezza, energia vitale e scompiglio che io regalo al mio (e lui non lo nega, anzi, lo ha dichiarato in televisione a un programma che si chiamava Love and cooking, in cui questa troupe si è piazzata a casa nostra un giorno per filmare me e il loro chef che facevamo gli spaghetti alla chitarra, e lui alla domanda: “ma pensi di esserti italianizzato un po’ dopo tutti questi anni con Barbara”, ecco, il mio maschio taciturno del nord si è lanciato in una dichiarazione entusiastica sul senso di leggerezza che ho portato nella sua vita, che io con gli occhi piangevo e con uno dei 40 schermi che mi si agitano nella testa pensavo: “se mai dovesse finire a schifìo con uno di quei divorzi in tribunale ecco, io posso portare la registrazione di questo programma come prova a mio favore, signor giudice, se si appella alla crudeltà mentale, be, si sta contraddicendo, IO HO PORTATO LEGGEREZZA NELLA SUA VITA”.

Perché sarà pur vero che dio li fa e poi li accoppia, e l’amore sarà pure una cosa bellissima, ma poi il quotidiano ci si mette di mezzo e tutta questa carica vitale di leggerezza ed energia è anche un’ottima fabbrica di stress ed emicrania, mentre tutta questa programmazione e organizzazione, ti salverà pure la vita, ma chebarbachenoia pure lei. Perché l’amore non è bello se non è litigarello.

E insomma, sarà pur vero che il mio manuale dice che una delle caratteristiche degli AD(H)D è anche questa frammentazione dell’esistenza e del quotidiano, una sfilza di lavori diversi, amori diversi, cose iniziate e mai finite che costellano la nostra vita, però a mettersi d’ accordo che in fondo il mondo gira, ma in mezzo ci siamo noi col nostro amore and all that sort of things e cerchiamo di darci degli strumenti o delle reti di salvataggio che nascono dalla consapevolezza dei nostri limiti e dalla voglia di aiutarci reciprocamente a superarli, ecco, io direi che è una gran fortuna che dio li fa e poi li accoppia.

Perché se pensiamo che in fondo questa sindrome ha una forte componente ereditaria, e non c’è neanche bisogno di leggere un manuale in proposito, mi basta guardare a mio padre che era messo pure peggio di me, io devo riconoscere che il gran culo che abbiamo avuto io e Summa senior è stata la presenza in famiglia di persone fortemente regolarizzanti e strutturanti che hanno formato la roccia a cui ancorarci.

Innanzitutto zia Filomena, la sorella maggiore nubile, insegnante, con cui mia nonna è andata a vivere rimasta vedova e con due figli. Mio padre ha sempre dichiarato che zia Filomena gli ha fatto da padre: severa, inquadrata, lo amava enormemente e ha fatto di tutto per dargli una mano a prendersi almeno un diploma, quando tutti dicevano a mia nonna: “ma mandalo a bottega da un sarto”. Mio padre grazie agli aspetti belli del suo AD(H)D si è emancipato in maniera straordinaria da quello che era il suo ambiente di provenienza e ha creato le ali che hanno permesso a tutti noi di colarne fuori.

E l’altra sua grande fortuna è stata di essersi innamorato di mia madre, una ragazza concreta, pratica, fattiva, che lo amava per il bambino spaventato che lei percepiva dentro di lui e che lui forse solo a lei permetteva di vedere.

Zia Filomena e mia madre sono state le due figure che hanno permesso a me di diventare quella che sono. Io senza la tutor privata a casa che mi ha impostato durante le elementari, non so se sarei riuscita così bene nella vita e soprattutto a scuola. E a volte mi sono chiesta come sarebbe stata la mia vita se avessi avuto dei genitori che mi seguivano come io e maschio alfa nel bene e nel male seguiamo i figli. Se avessi avuto una mamma come quella di Franca che tutti i pomeriggi si sedeva accanto a lei al piano per farla esercitare, magari pure io avrei fatto il conservatorio. Che in fondo sparsa sono sparsa, ma avevo questa convinzione rigidissima e calvinista da parte di madre che una cosa quando la cominci la finisci.

Ho odiato ogni secondo del liceo scientifico a cui mi hanno iscritto a forza i miei, ma dopo il primo anno non mi sono mai posta la questione di cambiare scuola. Ci sono e lo finisco (e maschio alfa mi ha fatto notare che i miei forse non mi hanno potuta seguire di persona ma mi hanno pagato grandi ripetizioni di matematica e fisica, e mi hanno affidata al santo zio Carlo che mi ha fatto promuovere ogni anno). In qualche modo. insomma, io sono la prova vivente che non esiste gente che non riesce a imparare la matematica, esiste però gente che ha tempi più lunghi e metodi diversi. Il che mi porta a un ottimo commento dello scorso post: perché non modifichiamo il sistema scolastico per accogliere tutti?

Poi mi sono innamorata di B. che voi conoscete come maschio alfa. E mentre studiavo a Groningen, una sera andai a cena da Yvonne e Gertude, che sarebbero andate al mio posto a fare l’Erasmus a l’Aquila, per conoscerci e scambiarci informazioni. E sentito che avevo da poco un ragazzo olandese “Dai, tira fuori la foto, non ci credo che non ti porti dietro la sua foto”, io tirai fuori dal portafoglio una fototessera per sentirle dire: “Ma dai, non ci credo, è B.”. “Come è B., fai vedere, ma si è proprio B.”, che nelle piccole città di provincia se non hai fatto il liceo con qualcuno comunque lo hai incrociato all’ università.

E conclamata la sorellanza immediata anche con Yvonne e Gertrude che vedevo per la prima volta, e discussi gli uomini, i mariti, i fidanzati e gli italiani e gli olandesi, e giunta io alla conclusione che in effetti certi aspetti di B. mi ricordavano alcune cose di mia madre polacca, ah, questi nordici e le loro comuni radici, mi sentii rispondere:
“Capirai, è sempre così, ma Freud non te lo sei mai letto?”.

No, Freud non l’avevo letto allora e non l’ho letto neanche oggi. Ma mi basta sapere il proverbio: dio li fa e poi li accoppia.

Per questo non mi meraviglio troppo quando incrocio certe coppie improbabili da quanto sono diversi, non mi meraviglio che noi svolazzanti ci innamoriamo di persone radicate e il messaggio che vorrei dare a tutti a conclusione di questo abominevole piezz’ e core è:

Quando il vostro partner sta per farvi uscire dai gangheri per quanto è disorganizzat*/petulante/caotic*/noios*/isteric*/rompipalle/stronz* consolatevi: un motivo per cui ve ne siete innamorati c’è e lo conoscete solo voi, fosse pure la voce del bambino spaventato che si porta dentro ben nascosta al mondo. Se vi aiutate a crescere, questo è l’ importante, il resto sono dettagli minori, su cui scannarsi quotidianamente, volendo, ma che non devono essere il motivo per restare insieme o per lasciarvi.

E al mio amico che avrebbe tanto bisogno di innamorarsi di una donna strutturata che gli faccia almeno una bimba, che gli farebbe tanto bene, ma si lamenta di attrarre solo psicopatiche, io vorrei dirgli: comincia a guardarti meglio intorno o trovatene uno bravo, che tutto è risolvibile. (Sul fai un figlio che ti passa, ci tornerò sopra in seguito).

23 comments

  1. ciao!
    bellissimo post, ti leggo da tempo, non sapevo della adhd senza iperattività e un po’ mi riconosco…nel dubbio come fare per capire meglio? che libro stai leggendo? chi riconosce i sintomi? domanda stupida ma è come se mi fossi messa gli occhiali per la prima volta, ed è vero ci sono certe coppie improbabili…una è la mia, lui è il mio “mister ordine” quante cose mi hai fatto venire in mente, la matematica che non ho mai capito e faticato così tanto a tenere sulla soglia per la promozione, le mille cose mai finite, il vagare con 2-3 cose in corso contemporaneamente e il non finito …quante cose!

    1. Giulia fondamentalmente la diagnosi te la deve fare uno psichiatra, il manuale di autoaiuto che sto leggendo io te lo segnalo domani perché adesso non ce l’ ho sottomano.
      Perø un mio amico in conclusione ci è arrivato da solo, ha deciso di non fare niente ma di rpednere atto dei propri limiti e adattare la sua vita quotidiana a quelli. Che è anche un modo per vivere bene e in pace con se stessi, soprattutto se hai la moglie strutturata e in carriera. Lui ha il lavoro part-time, segue i figli, cucina e fa il pane e sono felici così.

      1. ….. anch’io. Ed il mio sogno nel cassonetto è di recuperare. Anzi il mio progetto. Perché i progetti si realizzano. (sono un caso di studi. Strutturato ma incasinato lol). Libro e corso consigliaterrimi!

  2. Bell’articolo grazie, sto imparando tante cose leggendoti. Sul “Fai un figlio che ti passa”…ahiahiahi ! Senti ma se uno ti volesse contattare via email come deve fare? 🙂

    1. Giovà, io ti adoro quando mi fai l’ esegesi, che poi succede anche a me: di blogger che seguo ricordo dettagli infinitesimali che hanno scritto 6 anni fa, di me mi scordo cosa accidenti ho rivelato della mia vita al mondo

    2. Che poi ormai che ne so se non avrebbe preferito una stronza qualsiasi ma senza ADHD. D’altronde ho un caro amico che ultimamente si lamentava di attrarre solo psicopatiche, forsze bisogna chiedersi anche: ma dio, come li accoppia esattamente?

      1. Dio come li accoppia?
        Dio prima li fa e poi li accoppa (Cit. Giobbe Covatta).

        Secondo me si diverte, siamo il suo reality :D.
        Si diverte a fare accoppiamenti “fantasiosi”. (Amesso che esista, credo di essere Pastafariano lol).

      2. si, sul medio-lungo termine in effetti dio li accoppa. Però se prima è riuscito ad accopppiarli almeno hai chi ti organizza un bel funerale.

      3. “Però se prima è riuscito ad accopppiarli almeno hai chi ti organizza un bel funerale.”

        Diciamo che “ho morto” dalle risate :D.

  3. Sììì, credo proprio sia una buona sintesi il “prima li fa e poi li accoppia” … e con un bel pò di ironia secondo me!

  4. Uhmamma… a leggerti così mi verrebbe da dire che ce l’ho pure io. E sai, sinceramente non mi viene nemmeno da verificare la cosa più di tanto. Anzi, mi toglie un peso. Ecco perché sono eclettica all’ennesima potenza, ecco il perché di tanti percorsi iniziati e non terminati con strascichi di sensi di inadeguatezza… Vedi? Non era colpa mia, è colpa del deficit!

    1. Hai ragione, una cosa contro cui io ho lottato molto era proprio il senso di finta assoluzione che avrebbe potuto crearmi. Ma mi sono accorta che non è un assolversi, è proprio un chiarirsi tante cose e saperci scendere a patti. per esempio da quando so che in fondo l’ impossibilità a ricordare sequenze (io soffro da matti nel leggere e copiare numeri telefonici, infatti da piccola ne memorizzavo un numero gigantesco) fa parte di me, che inutile che mi sbatto più di tanto, tanto vale rendere atto e trovare soluzioni, ecco, da quando lo so, senza fare assolutamente niente altro (tranne smetterla di spazientirmi) finalmente riesco a inserire i numeri di controllo del randomizzatore per fare i pagamenti tramite internet. Non è cambiato nulla. eppure è cambiato tutto.

    1. Vero? è un’ecatombe, una volta bloggavamo come se non ci fosse un domani, poi l’età, i figli, la vita, il lavoro, le trasformazioni verso social, un po’ manca anche a me quel senso di raccontarsi reciprocamente in rete.

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