Ilaria
Foto gentilmente concessa da Ilaria Casti

Gli italiani che arrivano nei Paesi Bassi chi sono, cosa li motiva, come si preparano alla partenza, che impatto ha l’arrivo? Oggi ce lo racconta Ilaria Casti.

“Sono arrivata ad Amsterdam poco più di un anno fa, nel mese di luglio per via del lavoro di mio marito. Dopo sette anni di “pendolarismo”, sempre fuori Cagliari per lavoro, o addirittura all’estero; sette anni in cui ci si è visti, grosso modo, uno o due week end al mese, gli è arrivata l’offerta di un contratto a tempo indeterminato. Ad Amsterdam. Che fare quindi? Trasferirci e cambiare vita totalmente, pur di mettere la parola fine alla mia “singletudine” (o esaurimento nervoso…), oppure continuare così fino alla mia morte cerebrale?…

Quando ne abbiamo parlato coi bambini, nostra figlia, che aveva dieci anni, ha fatto un pianto coi lacrimoni che mi ha spiazzato totalmente! Il maschietto di sei anni non l’ha voluto capire o accettare, fin quando non ha messo piede nella nuova scuola! Insomma, le premesse non sono state proprio buone… Ho stretto i denti e, dopo 42 anni vissuti sempre e solo a Cagliari, ho chiuso il mio laboratorio orafo (guardate il sito, fa cose meravigliose), con tutti i miei progetti, via tutto, tutto finito: mi dovevo preparare alla nuova fase di “stay at home mom”…

Terribile. Ho trascorso i tre – quattro mesi prima della partenza a cercare di capire qualcosa del sistema scolastico/sanitario/sociale olandese. In una parola: mammamsterdam! Ogni mia ricerca su google, rimandava al suo blog, quindi per me, Barbara, era la mia “salvezza”, era la risposta a tutte le mie domande e curiosità sull’Olanda.

Quando ho cominciato ad organizzare il trasloco, avrei voluto portarmi tutta la casa dietro, per sentirmi “a casa” appunto! Ma no, non era possibile, quindi, togli questo e quello, ci siamo accordati per un centinaio di scatoloni; ancora oggi penso che avremmo potuto portarci la parete del soggiorno che era così bella, e soprattutto i miei attrezzi del mestiere…. Ma questa è un’altra storia.

È stato difficile salutare le persone a me care; avevo paura che fosse un addio. Avevo paura di perdere tutti. Ora ovviamente so che non è così, soprattutto per quanto riguarda le relazioni più sincere. Per le altre, sicuramente la lontananza fa una selezione naturale.

Cosa mi ha “salvato”? La bicicletta: Se ne fossi capace, scriverei il trattato sui poteri benefici della bicicletta. Se poi metti i fiori finti sul manubrio, ancora meglio! I parchi. Ovviamente in bicicletta. La nostra prima scoperta è stata Beatrix Park. I musei. Saró banale, ma Van Gogh ha un grande potere calmante su di me. La lettera di benvenuto da parte del Comune di Amsterdam, con un’offerta irrinunciabile di cinque mattinate trascorse a passeggiare e parlare di Amsterdam, (con una guida ovviamente), delle sue bellezze, della sua storia, e di informazioni utili e concrete su scuola, lavoro e sanità. Il corso di olandese (sempre del Comune). Tre mattine a settimana, tre ore al giorno, sono un bell’impegno; e quando finalmente riesci a capire cosa ti dice la cassiera del supermercato, bè, allora cominci a sentirti un pó meno “straniero”!! Credo comunque che questa meravigliosa città abbia ancora tante cose da offrirmi per “salvarmi”…”

Ci sono moltissime cose in cui mi riconosco nella storia di Ilaria, e che negli anni ho capito essere molto comuni:

  1. intanto l’ attaccamento alle cose, ai dettagli che servono per farti sentire a casa, e che per me sono sempre stati oggetti di stoffa, a partire dalle tovaglie di linone che mia madre usava quotidianamente, ai miei libri, a qualche prodotto – saponi, profumi – che mi dessero l’ odore di casa. (Confesso, ancora oggi se mi capita mi riporto ad Amsterdam il detersivo al sapone di Marsiglia, giusto per l’odore)
  2. la fatica, io lo chiamo tranquillamente il lutto, di dover rinunciare a fare un lavoro che ti piace e che, come accade spesso, dà anche una direzione alla tua identità per fare la madre a tempo pieno. Cosa ne pensi io di chi ti spaccia un taglio del genere per una benedizione l‘ ho raccontato qui. Però non ci scordiamo i lati positivi, le nuove sfide e le nuove soddisfazioni. 
  3. Lasciarsi dietro gli affetti, perdere il senso della quotidianità (dio benedica i social media per questo), ma anche le potature felici di persone che in fondo non aggiungevano tanto alla tua felicità, e invece le opportunità di ricominciare a farsi un nuovo giro di amici. Che magari avendo condiviso l’esperienza dell’emigrazione come te, sapete anche di cosa parlare e come ci si sente. 
  4. E qui comincia secondo me la parte bella dell’ andar fuori: l’arricchimento continuo per chi ha voglia di buttarcisi dentro. Perché emigrare è pesantissimo, non a caso è una delle cause principali di depressione. Perdi tutti i riferimenti, devi imparare anche le cose inutili, tipo dove trovi la varechina in negozio, ti mancano le spalle solite su cui piangere, non è semplice per niente. Per questo trovo eroiche tutte le persone che lo fanno, che si buttano, si mettono in gioco, escono, esplorano, imparano una nuova lingua, una nuova topografia.
  5. I figli. I figli rendono tutto più complicato, ma paradossalmente più facile. Molti si sono sentiti incoraggiati a partire, pur con tutte le difficoltà, proprio per poter offrire una vita diversa ai figli. Le ho sentite tutte, da chi ha figli speciali e pensa che qui il supporto sociale funzioni meglio, a chi lavorava tantissimo e i figli non li vedeva mai (tutti quegli articoli cretini su come si vive bene e si è felici in Olanda hanno fatto del loro, anche se a volte sono superficiali e imprecisi). Solo che appunto quando un figlio ti odia per avergli fatto cambiare paese, anche se tu dal di fuori vedi quanto gli stia facendo bene per crescere, imparare lingue, scoprire opportunità, certo ti si spezza il cuore.

Intanto ringrazio tantissimo Ilaria per averci aperto la scatola della sua esperienza di migrazione. Prima o poi riuscirò anche a caricare la  sua foto in bicicletta. Se vi va di vedere i gioielli bellissimi che ha creato, date uno sguardo al sito.

4 comments

  1. viva mammamsterdam che ha preceduto/accompagnato/sostenuto i nostri traslochi (te lo faccio anche io il guest-post se ti va) 😉

  2. Bel blog.
    E Ilaria, ben arrivata ad Amsterdam. Sono contenta che ti abbia accolto bene.
    Ma sta in guardia. Non è sempre facile.
    Il clima è il nemico peggiore.
    Ricordo la prima primavera, quando, dopo qualche giorno di caldo, decisi di fare il cambio dell’armadio. Il batavo marito mi guarda stranito.
    cosa stai facendo?
    Il cambio dell’armadio.
    non serve.
    ovvio che serve.
    48 ore dopo, 15 gradi in meno e le previsioni decretano la fine della bella stagione.
    Ritiro fuori cappotti e piumoni.
    Te lo avevo detto che non serviva.
    Ma se il clima è nemico, il cielo aiuta. Ho visto pochi cieli intensi e operativi come il cielo di Amsterdam.
    La spesa in bicicletta, sotto la pioggia, all’Albert Cuyp market ha un che di magico.
    Bjinkorf è per me luogo di culto. Compro poco, ma mi fa sentire bene.
    La chiesa sul Singel è l’unica chiesa che mi è amica.
    Il Kröller Müller è il luogo d’arte che preferisco in assoluto.
    Potrei andare avanti, ma mi fermo qui.
    Ho vissuto ad Amsterdam 6 anni e mi manca da far male.
    Saluti da Sydney

      1. Quando vuoi. Noi siamo qui.
        Ancora per un anno.
        Tra l’altro sai che abbiamo delle conoscenze in comune ad Amsterdam?

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