Certe volte vorrei solo saltare fuori dalla mia pelle e camminare via per allontanarmi.

Una delle cose che mi sono chiarita studiandomi esattamente come funziona il mio ADHD è che è normale avere questi momenti di sovraccarico di stimoli sensoriali. Tutto diventa troppo. Una normale conversazione o musica a volume normale ti urlano nelle orecchie, le distanze si sballano, meglio che nessuno ti tocchi anche affettuosamente o urli. E quante volte tocca fingere perché sai che se non ti puoi chiudere nello sgabuzzino con una coperta in testa ADESSO, rischi di sbroccare per quelli che sono normali accadimenti quotidiani intorno a te. E non è giusto per chi ti circonda. Ma non è neanche giusto per te e purtroppo non sempre gli sgabuzzini sono sottomano.

Però immagino che sia fondamentale un po’ alla volta almeno parlarne con i propri cari, per abituarli e farli capire che non dipende da loro, non dipende da te, non stai diventando di colpo un’arpia, è solo che è più forte di te. E che ti devono rispettare in quei momenti. Io ancora non trovo un buon sistema per farlo. I miei figli in fondo ci sono abituati che delle volte gli dico che sto male e mi devono lasciare in pace, che faccio un urlaccio quando al terzo invito gentile ancora non abbassano il volume della tele o della musica. Credo che questo eccesso di rumore in fondo lo capiscano pure loro.

Ma ieri sera mi ci sono trovata dentro fino al collo. Era la fine di una bellissima giornata al parco Efteling con spettacolo e cena finale con persone che conosco da anni e mi piacciono e nuovi del gruppo carini anche loro. Musica di sottofondo ininterrotta tutto il santo giorno, folla, bambini urlanti, meno male che abbiamo fatto in proprio solo un paio di attrazioni tranquille.

In macchina sono crollata. Quella che era una guida normale, con traffico tutto sommato tranquillo e strada sgombra a me faceva venire le palpitazioni, sempre in attesa della frenata improvvisa contro cui ci saremo schiantati. Non mi succede quando guido io, ma forse solo perché lì gestisco io la distanza di sicurezza e me ne scelgo semplicemente una maggiore. A un certo punto ho guardato il navigatore, visto che prima di arrivare allo sgabuzzino ci voleva un’ ora e mi sono sentita morire. Poi mi sono detta che entro un’ ora in fondo poteva anche passarmi.

In questi momenti mi aiuta attaccarmi al computer e fare dei puzzle scemi. O chiudermi da qualche parte e annunciare che non ci sono per nessuno.

Alla fine è andata bene così.

Ma continua a essere pesante e mi costringe a rivedere alla fonte le energie che mi costa una determinata cosa. Mi rendo conto che le mie strategie da quando ero bambina, durante feste, folle e cose simili consistevano nel chiudermi in bagno per un po’. Isolarmi in un libro, impermeabile ai richiami esterni. Dormire 3 ore tutti i pomeriggi durante la mia adolescenza per recuperare la fatica enorme di reggere una classe piena di persone a scuola. Evitare i locali pubblici con la TV accesa perennemente a tutto volume. darsi la possibilità di concentrarsi su una cosa sola.

Da adulto e da genitori diventa molto più difficile isolarsi, e per questo è importante capire i propri limiti, darsi delle oasi di fuga e fare la guardia ai pochi confini.

Meglio tardi che mai, direi. Ma ce ne ho messo di tempo a capirlo.

Ieri sera veramente ho avuto fortissima questa necessità di uscire da me stessa, andare via, scappare da queste percezioni esagerate. Per fortuna per me non è sempre così. Mi chiedo che inferno sia per chi ha condizioni mentali in cui questo è la loro norma quotidiana. Ma magari anche loro sviluppano dei trucchi.

 

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