Ora che da un po’ di anni siamo circondati da figli adolescenti, mi sembra il momento di tirare le fila, ringraziare il cielo, e ricordarsi quali sono le cose bellissime di averli in giro per casa. Perché tanto sul dramma del figlio adolescente non ci è mai mancato materiale comparativo e se avessimo dei dubbi basta aspettare 5 minuti che ci pensano i figli, nostri o altrui, a ricordarcelo, e tutto questo rischia di mandare in malora un po’ di sana soddisfazione genitoriale.
Non so se ci avete fatto casa, i manuali per genitori adolescenti hanno titoli tipo: Questa casa non è un albergo o Non c’è famiglia senza caos (quest’ultimo regalatomi per la nascita di Figlio 1 e da allora un mio favorito, pieno di buon senso e trucchi utili) insomma tutto un filone post-catastrofista. Che per carità è tutto vero, e certi manuali sono utilissimi, il povero genitore di adolescenti se non si attacca al manuale gli tocca attaccarsi alla bottiglia e questo non ci fa bene e non è un buon esempio per i figli.
Però, scusatemi l’autoreferenzialità, genitore di adolescente non è che ci si diventa all’improvviso, si inizia al primo mese di gravidanza e quindi abbiamo tutto il tempo di prepararci. E infatti se mi rileggo La risposta del cavolo col senno di poi, tutta una serie di cose che andavo dicendo e applicando senza avere la certezza che l’adolescenza dei figli non mi avrebbe smentita clamorosamente, ecco, alcune cose funzionano ancora. Insomma, o per culo, o per calcolo, o perché quell’estate lì che mi alzavo col buio all’alba per correggermi le stesure finali con calma e mi sono documentata e letta la qualsiasi, ecco, quella era l’estate della prima crisi preadolescenziale di Figlio 1, che non era femmina e non era adolescente ma sembrava me a 14 anni e qualche assaggio me lo stava dando. Quindi, smentita felice numero 1, è sopravvissuto. Non l’ho strangolato. Ce la possiamo fare.
Vi comincio subito quindi ad elencare alcuni punti su cui abbiamo lavorato o che ci hanno insegnato, aiutandomi con la saggezza popolare e le opportune citazioni al mio manuale per genitori disperati citato sopra, il grande libro delle risposte del cavolo (l’oracolo di Delfi, praticamente, ma che si capisce dove va a parare). Altre osservazioni a suo tempo le avevo condivise su Genitoricrescono.
Il buongiorno si vede dal mattino
I figli crescendo cambiano, ma non cambiano poi così tanto. Il punto è che si trovano in questo periodo di trasformazione, il cervello si sviluppa rendendoli di fatto temporaneamente maldestri, scoordinati e semi-deficienti, al punto che una si chiede dove è finita la creatura fantastica che aveva prima, ma appunto, sono fasi temporanee. È neurologia. Il che non toglie che se ci sono difficoltà e sofferenze nel capire chi sono, che posto vogliono avere nel mondo, come relazionarsi agli altri, tocca cadere, rialzarsi fare errori e imparare e risolverseli. E lo devono fare da soli. (Magari incolpando nel frattempo i genitori di tutti i mali della loro vita, ma diciamo che verso i 30 anni è bene che gli passi.) Per i genitori questo che devono arrangiarsi da soli è un concetto chiarissimo ma di difficile applicazione.
Perché, core de la mamma sé, anche noi ci dobbiamo resettare e dopo aver passato gli anni migliori della nostra vita a pulirgli il culo – parlando con perdono -, a risolvergli la vita, insegnato a camminare, correre e nuotare senza sfracellarsi o affogare, purtroppo mica possiamo premere il pulsante dalla sera alla mattina, e guardarli andare a tutta birra verso un burrone senza cercare di frenare al posto loro. Lo sappiamo che se devono imparare a frenare devono farlo da soli, ma un genitore, vivaddio, è il prodotto di milioni di anni di evoluzione creato per prendersi cura. E mica milioni di anni di evoluzione li cancelli perché razionalmente sai che la cosa giusta da fare è farlo fare fino a quando non impara. Se vedi che fa cazzate, o comunque che basterebbe pochissimo per farlo riuscire meglio, automaticamente ti viene l’ istinto di pensarci tu che lo fai prima e meglio e ti costa meno sforzo. E invece no, adesso dobbiamo imparare a fare lo sforzo di morderci la lingua, sederci sulle mani e farli fare da soli. È difficilissimo, come sa chiunque.
Aspetta e spera
Ma è l’unica cosa da fare: aspettare, non perdere la fiducia che è un momento di crescita e prima o poi il periodo duro finisce, sapere che tutti gli aspetti umani belli del nostro bambino piccolo, quelli che nonostante le nottate insonni, le preoccupazioni, lo stress ci facevano sorridere e inorgoglirci a ogni piccola conquista, sono sempre lì, è sempre la stessa personcina, adesso sta cercando la sua via, ma se lo lasciamo fare e la sfiga non ci mette lo zampino, sempre lì sta, quella persona meravigliosa a cui abbiamo dato la vita e di cui ci prendiamo cura. Fra poco ritorna e ritorna con l’upgrade.
La mela non cade troppo lontana dall’albero
Questa ce l’hanno insegnata i manuali della prima infanzia e la sappiamo. Più di tutto quello che diciamo ai figli per inculcargli come stare al mondo, vale quello che ci vedono dire o fare, perché ci imitano. Io che mi dovevo liberare dagli eccessi di educazione formale della mia infanzia ancora mi ricordo il momento in cui mio figlio piccolissimi ha iniziato a dire spontaneamente “grazie, prego, scusi tornerò”. Ma come l’avrà imparato, mi chiedevo, memore del fatto che non gli avevo mai imposto cose del tipo: “dì buongiorno alla signora”, “come si dice, usa la parolina magica”, eccetera. Non glielo avevo insegnato, ma mi rivolgevo automaticamente a lui così. E mi ricordo ancora come mi colpivano certe frasi di mio marito nei momenti di dramma mattutino di pelandrite: “Amore ho capito che non ti senti bene, ma, con tutto il rispetto, non potrebbe essere che hai il mal di pancia perché non ti ricordi bene quello che hai studiato?” oppure: “Scusa, mi dispiace aver urlato, ma adesso perdonami e parliamone con calma, che anche io sono un essere umano e ho avuto una brutta giornata, per cui mi spazientisco.”
Insomma, direi che se ti vuoi ritrovare un adolescente che ti prende sul serio, viene a scusarsi se esagera, e si sa prendere le proprie responsabilità, cominciamo a pensare come parlarci da neonato. E perdonarci in prima persona i momenti di scazzo, che ci sono sempre, e delle volte hanno non solo una funzione catartica, ma soprattutto di delimitazione dei confini che ci separano dalla seminfermità mentale.
Detto ciò, non scordiamoci mai quello che mi ripeteva mio marito al primo anno delle superiori, quando andavo ad aiutare la creatura a studiare o ripassare, e dopo cinque minuti le urla di entrambi si sentivano al piano di sotto: “L’adulto sei tu.”
Sarò anche io, ma lui mi provoca e mi esaspera. Sarà anche lui che mi provoca e mi esaspera, ma l’adulto sono io. Sto avanti a lui di tre passi, devo prevedere. La menopausa, i momenti di sconforto professionale, le relazioni faticose, i nonni che invecchiano e hanno bisogno anche loro di sostegno neanche aiutano. Ma aiuta sicuramente lasciarmi stupire dalle soluzioni che i figli tirano fuori da soli quando li mollo ad arrangiarsi. Perché sono bravi anche in questo.
Specchio delle mie brame
Avete presente quei momenti in cui gli adolescenti veramente ti fanno uscire dai gangheri, pensi o dici o fai cose che mai avresti creduto possibili e magari ti vergogni, o ti senti una merda, o non sai da dove ti vengono? Ascoltiamoli. Ho imparato che certe reazioni emotive, viscerali e incontrollate mi stanno parlando di me. Il mio interlocutore, figlio o anche altro, in quel momento mi sta mettendo davanti uno specchio. La nostra reazione quindi non è alla situazione del momento è a qualcos’altro. Cosa ce lo dobbiamo dire da soli, o parlarne con qualcuno che ci vuole bene e ci conosce e magari gli è più evidente.
Una volta che ci abbiamo riflettuto, aiuta molto anche coinvolgere il figlio in questione. Magari ci è venuta paura per una cosa che è successa a noi e per paura che stia per fare lo stesso scivolone, abbiamo reagito male. Come quando il bambino piccolo sta per toccare qualcosa di bollente o pericoloso e automaticamente gli diamo una schiaffo sulla mano o urliamo in maniera incontrollata. Non per fargli male, ma per la paura che stia per farsi male. Insomma, trattarsi da pari a pari per chiarirsi se una situazione sia di pericolo reale o no. Magari ci mancano gli elementi per valutare la scelta dell’adolescente, che invece magari ci ha pensato bene e ha preso le sue misure. Insomma, se non ci interroghiamo sulle nostre reazioni e non chiediamo lumi sulle sue, come facciamo a venirne fuori?
Strapazzami di coccole
Gli adolescenti, si sa, nei periodi brutti sono musoni, malmostosi, si isolano, ti sfanculano, rifiutano i bacetti. Ti preoccupano perché stanno sempre da soli, o perché vogliono stare sempre con gli amici, perché stanno sempre in giro e non ti dicono dove e con chi, perchè non sai se si drogano, se si innamorano di persone tossiche, se li bullizzano, se mandano in giro loro foto compromettenti. Un patema, signora mia.
Però sanno sempre sorprenderti con attenzioni, momenti di regressione al koala in cui ti si attaccano al collo, si infilano nel lettone, cominciano ad abbracciarti e spupazzarti magari in un momento poco adatto, ma chissenefrega. Ci sono questi momenti e io, memore di mio padre, me li coltivo certe volte insistendo. Si, lo so, la mia regola d’oro è sempre stata che i bambini vanno rispettati, che non gli dobbiamo imporre intimità che non vogliono, non offenderci se rifiutano il bacetto, ma oh, questi non sono più bambini, sono adolescenti. E a me sta benissimo, e so che sta bene in fondo anche a loro, quando insisto.
“Vieni qui e fammi una coccola”. “Mprft”. “Coccola!” “No”. “Allora vengo io e ti stropiccio” e io vado, e lo stropiccio, e lui urla e finge di opporsi, ma poi si mette a ridere e me lo dà, questo bacetto, che lo sappiamo che noi madri ci accontentiamo di poco. “Adesso basta però.”
E la madre grata e riconoscente smette subito.
Che poi ci sono anche i giovani adolescenti a cui non frega niente di essere cool. Che se ci cammini per strada ti prendono automaticamente per mano, che se li porti a scuola ti baciano prima di scappare via, che se sei lamentosa e non ti senti bene vengono con una piccola attenzione.
Conciliare gli estremi
Ricapitolando, occorre lasciarli fare, dargli fiducia, essere pronti ad aiutare ma non intervenire automaticamente, lasciargli i loro tempi (infiniti) e ricordarci che gli adulti siamo noi. Nel quotidiano questo porta a situazioni delle volte irriconciliabili, perchè se sta clamorosamente facendo un’idiozia, se invece di studiare sta attaccato alla playstation o al telefonino che ci vuole la fiamma ossidrica per staccarlo, se gli dico 4 volte di alzarsi o fare una cosa e cinque volte lo ritrovo incantato a fissare il vuoto (o il maledetto telefonino) che cosa tocca fare?
Non dobbiamo abdicare al fatto che appunto siamo noi a dare una direzione, con l’esempio o nei fatti. Se vogliamo che facciano una cosa, gliela si presenta come un dato di fatto, non come una possibilità di scelta. Ricordo una serata per genitori col nostro vecchio preside:
“L’adolescente cresce e ha bisogno di molto sonno, ma in realtà i nostri ragazzi dormono troppo poco. Non dategli nessun tipo di schermo in camera e fatevi consegnare il telefonino quando vanno a letto, perché hanno anche un bisogno enorme di non perdersi quello che fanno gli amici e quindi non se lo sanno gestire. E se necessario, la mattina quando andate a svegliarli, e magari è sabato e volete fare qualcosa come famiglia, non andate a proporglielo, comunicateglielo. Dite una cosa tipo: buongiorno, noi stiamo giù e alle 10 andiamo a fare X e ci divertiremo moltissimo, tu fai con calma, alle 9:30 ti aspettiamo di sotto, vieni già pronto. Non dategli possibilità di scelta o di replica”.
E a quel punto nella sala piena di genitori olandesi democratici ed emancipati si sentì una specie di sussulto di deliziata sorpresa: ma che davvero è possibile? possiamo ancora imporgli qualcosa senza le solite discussioni infinite e i pipponi e le sottigliezze argomentative e i sofismi? Ma che veramente veramente?
E questa cosa me l’ha ribadita anche la pedagogista che ci ha seguito per un periodo: “Adesso gli state dando un indirizzo su come funziona la quotidianità. Adesso impara che si mangia ad orari regolari e quindi insistete per fargli fare colazione prima di uscire, ne ha molto bisogno ora, e nel sedervi insieme a cenare. Adesso impara a cucinare, fare la spesa, buttare l’immondizia nei giorni e nei container giusti. Adesso impara a farsi una lavatrice. Se fra due o tre anni esce di casa per andare a studiare, o lavorare, o fare uno stage, deve essere in grado di farle queste cose, e al giorno d’oggi sempre più ragazzi non sono ancora capaci, perchè i genitori sono sempre più impegnati e fanno prima a farselo da soli che a insistere. Invece dovete insistere, non per la cosa che fa adesso, ma per insegnargli a farle automaticamente da solo. Come quando gli avete insegnato ad allacciarsi le scarpe.”
Anche qui avevo già riportato in comodi punti da consultare la questione dei ritmi degli adolescenti e come aiutarli in questo.
Ecco, sono tutte cose normali, scontate, le sappiamo, ma nel turbine del quotidiano a me ha fatto molto bene avere delle persone esterne, che hanno esperienza di ragazzi e ne hanno visti tanti, riconfermarmele e incoraggiarci a non mollare.
Perché, e ci arriverò in un prossimo post, che mi sono distratta, i figli adolescenti per casa sono una cosa meravigliosa, delle personcine bellissime con tanti aspetti positivi. E per goderci i loro lati meravigliosi meglio faticare un pochino per arginare quelli inevitabili. Ne vale sempre la pena.
Un manuale di Barbara Summa quando? ♥
Ti ricordo che possiedi La risposta del Cavolo, e che appena ci vediamo ti interrogo 🙂
Sono pronta!
Comunque noi stiamo ancora insegnandogli ad allacciarsi le scarpe. Devo preoccuparmi? (No, non è ancora adolescente.)
e allora avete un sacco di tempo (anche qui ci sono voluti anni per la storia delle scarpe e dei lacci, ma d’altronde tutte le scarpe da piccoli erano con le strisce di velcro)