Ultimamente sia tra amici che a scuola di figlio 1 abbiamo constatato che certi fenomeni adolescenziali proprio non cambiano mai. Diceva la mentor di Ennio lo scorso anno che anche i ragazzini più estroversi, arruffapopolo e sfacciati poi andavano a confidarle che si sentivano soli, che gli sembrava che tutti avessero amici e fossero integrati tranne loro e che certe cose, in fondo non passano mai.
Ah, la ricerca di sé alle superiori, come se non bastasse doversi abituare alle mestruazioni, all’ormone della puzza (brave le ragazzine in minoranza, 6 su 24, di una classe che hanno richiesto e imposto la sana pratica del deodorante nello zaino, specialmente nei giorni in cui hanno ginnastica), agli sbalzi di umore.
Come dice il saggio titolo di una rubrica di Genitoricrescono, Tra adolescenza e menopausa, hai voglia a dire il libero arbitrio, l’autodeterminazione, se poi alla fine per metà della tua vita sono gli ormoni e la flora intestinale a guidare le tue scelte.
Comunque il grosso vantaggio che penso di avere rispetto ai figli, a cui cerco di spiegare che alla fine tutto finisce bene, che è normale, che sono tutti nella stessa barca, è che ho alle spalle (nonostante i miei di ormoni, la flora intestinale eccetera) una visione d’insieme di quasi mezzo secolo.
Cioè, ultimamente ho beccato su facebook le foto con i figli dei miei compagni di liceo (quelli che erano estroversi, avevano gli amici, una vita sociale, e persino sentimentale, andavano bene a scuola, mentre io ero un cesso a matematica, avevo l’ acne, gli occhiali, il nasone, ero brutta, mi vestivo con le cose smesse di mia zia ed ero alta 1,76 già allora, senza speranza di passare inosservata. E le tette mi sono spuntate solo a 21 anni).
Ecco, quelli. Cioè, sono riusciti a riprodursi felicemente pure loro.
L’evoluzione della specie non è uno scherzo e a tutto c’è speranza. Non solo ne abbiamo le prove, NOI siamo le prove.
(Ciao Pikillo).