Oggi dopo settimane di latitanza causa lavoro, e pazienza e sopportazione del casino ai minimi termini, non solo mi ha punto la vespa della casalinga accurata, ma mentre ripulivo la libreria dagli infiniti aggeggi che ci si accumulano, perché tanto entri in cucina con delle robe in mano e trac, le poggi lì, siamo riusciti a mettere i bambini a fare i compiti.
E non solo erano relativamente concentrati e relativamente diligenti, che si devono essere disallineati i pianeti o non si spiega, ma c’ era persino del silenzio, dopo che sono riuscita a proibire a Ennio di ascoltare musica intanto che lavoravano.
“Non capisci, ascolto musica E faccio i compiti”.
“A scuola lavori ascoltando musica? No, eh? qui uguale” che non so voi, ma io ho avuto tre settimanine di lavoro matto e disperatissimo, fisico e mentale, e comincio ad avere un’ età, io e i soci ci siamo meravigliati di quanto sia durata la ripresa, ma appunto, non siamo più dei ventenni, e io tutto posso sentire tranne del rumore molesto. Perché i bambini hanno questo di speciale, sono delle piccole fabbrichette di decibel molesti. Ed Ennio, che non si dica che la Madonna non mi ha fatto la grazie, è un po’ più fabbrichetta del bambino medio.
“Lo fai appostaaaaaah” urlava il fratello in cerca disperata di concentrazione.
“Cosa”, faceva lui con aria innocente cliccando apri-e-chiudi il pulsantino della penna.
“Ennio, piantala di provocare o ti trito”, intervenivo io, che la presenza dell’ adulto pare abbia un suo perché.
Poi silenzio, io spolveravo, spostavo, smistavo, sedavo un attacco di disperazione da domanda difficile, continuavamo e veramente mi chiedevo che droga gli avessimo dato a colazione per vederli così buoni e diligenti a fare gli esercizi che avrebbero dovuto consegnare la settimana prima, ma non formalizziamoci sulle date.
Fino a che il provocatore occulto non ha colpito ancora (povero, non è lui, è la sua natura, lo disegnano così) suscitando l’ ira funesta del fratello, che con urla belluine, l’un contro l’altro armato, di botto me li vedo a tentare di accoltellarsi con la penna.
“Fermiiii, FER-MI, ma siamo matti, è pericolosissimooooh” che vorrei veder voi a urlare nel momento in cui hai in mano una brocchetta blu di cristallo di Slesia e non osi tirar fuori il dodipetto per paura di vedertela sbriciolare tra le dita.
Si voltano e mi guardano esterrefatti:
“Mamma, ma questo è amore fraterno”.
Ah, vabbè, se me lo dite voi.
Caino e Abele, signora mia, a me mi spicciano casa.
Eh sì, è amore fraterno!!
Anche noi ci “preoccupiamo” quando i nostri passano pomeriggi interi a giocare insieme senza litigare!!
E comunque per me è abbastanza difficile osservare in disparte quando ci sono i loro scontri fraterni: non perché voglia per forza intervenire, ma perché non so quale sia esattamente il limite dell’intervento genitoriale.
Io son cresciuta come una figlia unica nonostante due sorelle (enorme la differenza d’età) e i meccanismi di questi rapporti mi sono totalmente sconosciuti…