Il 25 novembre si parla di violenza domestica e volevo segnalare questa campagna che stanno facendo ad Amsterdam usando i personaggi dei cartoni animati. Nel poster di sopra ci si domanda: E vissero a lungo felici e contenti? In quello sotto invece lo slogan dice: A casa non sono io l’ eroe. Segue l’ invito a far cessare la violenza domestica e il numero di telefono da chiamare.
A me è piaciuta l’ idea di usare questo tipo di disegni rispetto a una foto. Mi ha permesso di parlarne con i bambini, che hanno subito notato i poster e hanno attaccato il discorso. E credo proprio che questo tipo di poster, nella sua semplicità e con il numero di telefono locale accanto, sia utile a chi ha bisogno e cerca aiuto ma non sa bene da dove cominciare.
Il punto è che il grosso degli atti di violenza avviene ancora tra le mura di casa, alla faccia di tutti i proclami che ci spingono a voler credere che i veri pericoli sono fuori (lo straniero, il poliziotto, Ebola). Ci sono certo, ma quelli più difficili da affrontare li trovi molto più regolarmente tra le persone che conosci e che forse ami e che forse, nel loro modo malato, ci tengono a te. Ma è terribilmente difficile parlarne, proprio perché venendo da dentro, da quello che dovrebbe essere il tuo rifugio contro il mondo, va a toccare tutte le basi in cui cerchiamo sicurezza.
Ecco, io spero che un bambino che viva una situazione difficile in casa sia attratto dal personaggio dei cartoni in veste inusuale, legga il numero e gli venga in mente di parlarne con qualcuno, gli insegnanti, o chiamando il numero di telefono. Perché non possiamo sperare di mettere telecamere in tutte le case e in qualunque momento del giorno e della notte, ma possiamo, come società, capire tutti insieme che la violenza domestica e la violenza sulle donne sono un problema culturale che va affrontato su tutti i piani.
Io trovo che si siano fatti tantissimi passi avanti: appartengo ancora a una generazione in cui picchiare i bambini “per il loro bene” o per “insegnargli a stare al mondo” era non solo accettato, ma spesso visto anche come un dovere del buon genitori (vabbè, chi ci vuole credere ci credeva allora e ci crede oggi). In cui Celentano cantava tranquillamente “e uno schiaffo all’ improvviso, le mollati sul suo bel viso” si, perché lui l’ amava, ma anche la odiava, e che deve fare un pover’ uomo colpito nei suoi sentimenti? A me quella canzone è sempre sembrata terrificante, anche da piccola, ma quanta gente amava e ama Celentano e ascolta tutti i giorni per anni una – e tante, fateci caso esattamente a quanti dei testi delle cosiddette canzoni d’ amore italiane sono basate su amore = prevaricazione?
No, ma parliamone, veramente. In un certo senso mi piace l’ idea che abbiano messo anche un personaggio maschile nella serie (perché sono sicura che sia una serie con anche altri tipi di poster) ma in un qualche modo profondo mi ha dato anche fastidio, perché il femminicidio e i maltrattamenti domestici sono soprattutto fortemente connotati dal genere, e dire: eh, ma ci sono anche le donne che menano al proprio uomo viene sempre usato come modo per spostare il problema e rifiutarsi di parlarne.
È vero, ci sono tante persone che maltrattano il proprio partner e so personalmente di casi di uomini che maltrattano i propri fidanzati/mariti. Che mi sembra una situazione ancora più stigmatizzante per le vittime, che hanno contro e il partner violento, e i pregiudizi sociali.
A me quello che manca un po’ in tutte queste campagne è anche il rivolgersi non solo alle vittime, ma anche a chi abusa. Perché sono fondamentalmente convinta che tutti, in una situazione del genere abbiano veramente bisogno di aiuto. E sono anche convinta che se un violento di suo spesso non è in condizione di chiederlo questo aiuto, e neanche di riceverlo, si potrebbe agire dall’ altro e condizionare per esempio l’ esercizio della patria potestà in caso di accertate violenze domestiche all’ obbligo di una terapia. Proprio terra terra, del tipo: o ti fai aiutare o perdi il figlio e sarebbe un peccato per entrambi, perché sei comunque l’ unico padre che ha e di cui ha bisogno. Senza botte e senza paura, possibilmente.
Ecco, io spero che ci arriveremo, ci stiamo anzi arrivando, quindi benvenute le campagne come questa sopra, ma possiamo fare di più e possiamo fare di meglio, non un solo giorno l’ anno, ma tutti e 365 + le 4 ore.
Mi hai fatto venire in mente che tempo fa vidi una campagna antipedofilia rivolta ai pedofili (perché chiedessero aiuto per smettere). Era uno spot che mi impressionò molto e mi fece molto riflettere, e una chiave simile potrebbe benissimo essere applicata a questo tema. Questa dei cartoni mi pare una buona idea, anche perché di solito le solite campagne mostrano volti femminili seminascosti da mani, braccia e capelli e spesso mi sono chiesta se funzionassero.
anch’io sono stata sempre molto, molto infastidita dalle canzoni che contenevano l’equivalenza “amore=prevaricazione”. e anche adesso, riascoltando molte canzoni degli anni ’70 (le prime che io ho ascoltato), mi rendo conto che oggi non sarebbero più proponibili per certe affermazioni che contengono e che allora erano accettate e scontate. adesso suonerebbero, giustamente, come autorizzazioni alla prevaricazione.
nel frattempo cos’è cambiato? a parte i testi delle canzoni italiane (del resto del mondo ne so poco, in proposito) temo che molti aspetti del problema siano stati solo cammuffati invece che superati.
le campagne pubblicitarie che portano alla luce il problema e che mettono a conoscenza di vittime (ma anche di carnefici, come fai notare giustamente anche tu), strutture in grado di dare sostegno, sono sicuramente utili, ma dobbiamo essere noi, noi donne, a cambiare mentalità e a smettere di accettare ruoli stereotipati che ci penalizzano, a partire da quelli in famiglia.
non è facile, certo che non è facile perchè quando si è abituati a respirare una certa aria, a veder ripetute certe dinamiche sin dalla nascita, si perde la capacità di discernimento.
io, qualche volta, provo a vedere me stessa dall’esterno, come se fossi un’altra persona che mi osserva: in questo modo riesco ad essere più obiettiva e capisco meglio quello che faccio.
anche se mi deprimo un pò quando mi accorgo che adotto gli stessi comportamenti che, in teoria, rifiuto. l’autoanalisi la trovo molto utile perchè, per cambiare il mondo, anche quello piccolo nostro, non possiamo far altro che partire da noi stessi. (scusa, l’ho fatta molto lunga!)