Premessa: mi ero persa questo post tra le bozze, chissà quando ho iniziato a scriverlo, verso ottobre immagino, per cui ci ho aggiunto un po’ di cose recenti. Ma me ne ero completamente dimenticata. Ecco a che serve il blog, a ricordarmi come stavo.

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Si, lo so, sono anni che non scrivo più i pipponi intimisti pieni di fatti miei e di sfighe. Sono troppo vecchia forse. I figli, sicuramente, da anni sono troppo grandi e hanno bisogno della loro privacy.

Ma fondamentalmente ne sono successe tante, alcune volte forse troppe. E quando ne succedono tante una sta: o ad arrancare appresso le sfighe e le rogne da risolvere, o cade come corpo morto cade per riprendersi quando può e come può. E quando sei circondata da gente che non sta al meglio, e sei empatica, e sei #madredifamiglia, è un casino. Perché vorresti aiutare tutti, salvare tutti, ti senti in colpa quando non ci arrivi e ti fai risucchiare dai vortici cosmici.

La menopausa non ha aiutato, ve lo dico subito, ho dormito da culo per un po’ di anni e nemmeno questo aiuta nel bailamme generale, poi per fortuna esiste la terapia ormonale sostitutiva e una si lancia, dopo aver disseppellito quei decenni di miti da sfatare che una vecchia ricerca condotta male e valutata peggio aveva creato. Che adesso appunto ricerche più recenti li hanno sfatati questi miti, ma per venti anni le donne hanno perso l’opportunità di stare meglio prendendo ormoni. Ma non divaghiamo.

Come sto, quindi? Ci ho pensato un paio di giorni fa quando mi sono detta che rispetto a solo un anno fa, cazzarola, sto bene. Benissimo. Per dire, la settimana scorsa ho persino ripreso a fare ginnastica con Martina, la mia sensei ora anche vicina di casa, amica da sempre, pure lei presa dalla conciliazione con bimba piccolissima e tutto il resto del mondo che ti circonda e che mi ricorda me all’epoca in cui ho iniziato a scrivere questo blog (Martina però è più fregna ed equilibrata e fa meglio di me).

Che quando una dopo anni ricomincia a fare ginnastica e quella settimana ha tempo, e quindi il mercoledì fa ginnastica, il giovedì autodifesa e il venerdì la ginnastica del mattino con le donne, per poi fare colazione tutte insieme, si capisce che è un classico caso di troppa grazia sant’Antonio. Per fortuna istigata da un trip su youtube recente in cui un chiropratico americano heals the sick and raises the dead tirandogli il collo e i piedi avevo anche ripreso un po’ di appuntamenti col mio fisio di riferimento, Gian Paolo, che ha esordito dicendo: “È un anno che non ti vedo, dimmi che hai”.

E che ho, figlio, da dove comincio. Me ne sono persino dimenticata (ma è passato subito al primo tendine che ha cominciato a stiracchiarmi e io che urlo, poi mi chiedo cosa penseranno i fighetti della palestra lì fuori che sentono urla provenire da dietro la porta chiusa, cavoli loro.) Il bello è che con Gian Paolo ho esordito dicendo: lo so che a dicembre sei strapieno di tutti quelli che non hanno niente ma si sono ricordati che il pacchetto assicurativo gli rimborsa un po’ di sessioni e ti si piazzano tutti sul lettino, ma pensa a quante cose ci dobbiamo raccontare, e così facendo ho prenotato. (Gian Paolo ha di buono che siamo vicini pure con lui, ma gli ambulatori se li trova sempre dall’altra parte della città, mannaggia a lui.)

Ci sto girando intorno, me ne rendo conto. Allora io un paio di giorni fa mi sono ricordata che un anno fa, fine 2023 per capire, Maschio Alfa mi chiedeva spesso: “Ma tu come stai?” e io riuscivo solo a rispondere che volevo essere morta.

Non che volessi morire sul serio, ci mancherebbe, non sono il tipo, ma so che quando sei sfinita, sfigata, sfilacciata, toh, che non me ne viene in mente un’altra migliore e sfilacciata rende molto bene l’idea, a me pensare alla mia morte mi è stranamente di conforto. E ci ho pensato spesso in questi anni.

Adesso non ci penso, quindi va bene. E la mia amica Gina ha trovato le parole giuste per spiegarmelo: che ci si sente come se la tua anima ti venga strappata via.

I suppose that this is the worst part of being the mother….everyone comes to us with the sadness they feel. I read recently that there is a true dramatic effect on the body from hearing your mother’s voice. I suppose it works the same for your mom and Berend. But it’s very wearing, and tiring. I’m sure you feel like your soul is being ripped out of you.

Ecco, ho scritto questa bozza di post lo scorso anno e me ne ero pure scordata, con Gina da allora ci siamo scritte due mezze frasi di corsa, nel frattempo siccome la vita è pure la mia e ho cose da fare, facciamo che negli ultimi mesi mi sono dedicata un po’ più a me stessa, ho chiarito a chi mi vuole bene se si sono mai resi conto che loro si accorgono di me solo quando sono funzionale ai loro disagi e loro soluzione, ma che a me manca che qualcuno si occupi concretamente di me quando sto male io, che manco se ne accorgono e quanto al fare qualcosa di concreto, mi basterebbe ogni tanto non dover pensare a cosa mangiamo stasera, che cucinare mi piace e mi rilassa, ma vabbè, mi capite senza che lo spieghi.

Aggiungiamoci che lo scorso anno praticamente ho fatto badantato, lavorato pochissimo e fatturato meno.

Per cui ho deciso che tanto valeva continuare a investire sul mio polacco, sono scappata a Cracovia per quelle che dovevano essere 2 settimane di corso intensivo e sono diventate 5 settimane e due corsi intensivi. e in un paio di quelle settimane sono stata da sola, il mio corpo mi ha ricordato quanto lo abbia trascurato e per quasi 20 giorni ho avuto dolori che mi impedivano quasi di camminare. Ma non dovevo cucinare per nessuno, non dovevo pensare a nessuno se non me stessa, mi sono iscritta alla palestra dietro casa dove mi recavo fanaticamente e cocciutamente a fare Pilates e altre cose che i sette dolori mi consentissero e mi sono trovata un fisioterapeuta bravissimo, che pezzo pezzo mi ha rimessa in piedi.

E ho ritrovato un vecchio amico del 1989, quando ci ho studiato a Cracovia. Era il marito di una mia amica italiana, eravamo tutti e due in un momento di forte transizione, non solo per noi personalmente, ma per la Polonia che avevamo attorno e per il resto del mondo. Io ero andata in Polonia a studiare russo ed era stato un fallimento, lui era metà russo e stava cercando di scrivere la sua tesi. E anche adesso, per noi che abbiamo un certo background culturale, il momento di transizione è fortissimo.

Quando la Russia ha aggredito l’Ucraina 3 anni fa per me è stato come se mi avessero tirato da sotto i piedi un tappeto. E mi sono sentita di dire o almeno pensare, dei russi, quello che mutatis mutandis la scrittrice Annie M. G. Schmidt disse a proposito dell’occupazione tedesca nei Paesi Bassi: “Io mi ero formata culturalmente con la grande letteratura e poesia tedesca, e dopo la guerra non sono proprio più riuscita a leggerlo o ascoltarlo il tedesco, ho avuto un rigetto per una cosa che era stata una tale parte del mio essere. Quei maledetti crucchi mi hanno portato via questo”. e io posso dire la stessa identica cosa di Putler, di quello che ha fatto. Ho sempre considerato idiota il fatto che all’inizio grandi istituzioni culturali cancellassero conferenze su e con artisti, scrittori e letterati russi, ma per me personalmente, per la mia piccola, sentimentale anima slava questa era stata una mazzata. Ho smesso di cantare le canzoni russe. A volte lo facevo se mi capitava qualcosa che me le ficcava in testa, ma sottovoce e vergognandomi. Che è idiota me lo dico da sola, ma io così stavo.

Anche grazie ad Anton adesso un po’ mi sta passando. Molte canzoni russe e ucraine le cantavamo insieme e negli ultimi anni anche lui si è rimesso a suonare. E gli ho proposto di aiutarmi a riprendere in mano il mio vecchio progetto di uno spettacolo di racconti e canzoni sul confine est dell’Europa, che mi sembra diventato urgente e rilevante e forse ora ce la posso fare.

Diciamo la verità, le pasticcerie di Cracovia hanno anche aiutato molto. E le tavole calde, a breve anche un excursus su dove trovarle e che mangiarci.

Per cui ecco, sono tornata, la pelle piano piano me la sto riappiccicando, quello che adesso mi manca è un po’ più di lavoro retribuito. Passate parola per favore. Il corso di polacco l’ho fatto e il diploma di C1 l’ho preso, qualcosa toccherà farne.

Per i corsi di italiano, cucina e vino in Abruzzo, questo è il programma di quest’estate.

2 comments

  1. Parlo spesso del tuo blog ad amici, conoscenti o ad estranei, quando si parla di Paesi Bassi, Amsterdam ed il vivere lì. Lo linko a tutti quelli che parlano di volercisi trasferire.
    Detto questo, buon riattaccamento di pelle <3 Credo che, nonostante il male , il ritrovarsi sia una delle esperienze individuali piu forti che possiamo vivere, sotto tantissimi aspetti.
    Personalmente il momento piu faticoso è stato quando mi sono resa contto che ero io stessa a sabotarmi, immolandomi per le cause di tutti, senza mai chiedere aiuto per le mie.
    Bisogna volersi bene davvero 🙂
    Spero di non aver scritto troppo, nel caso mi scuso.
    Buona continuazione!!

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