La vostra #madredifamiglia, mission accomplished, ieri si carica infine in macchina due delle tre sorelle Wasowicz, le due al momento residenti a Cracovia e fa per partire, non prima però di fare una scappata da Cichowscy a prendersi un paio delle sacre kremowki senza aver mangiato le quali non si può dire di essere stati a Cracovia. E al parcheggio la ferma un baldo giovane e ci ha messo un attimo a capire che le stava parlando in fiammingo, che le spiega che sono arrivati in furgone per portare sedie e rotelle e ha visto la targa olandese e chiedeva consiglio, perché pensava di andare al confine a vedere se poteva fare qualcosa ma si chiedeva se ci fosse qualcosa di più furbo da fare.

E lì la madre di famiglia si è imparpagliata, perché già a suo tempo, all’Aquila, aveva capito che è difficile scegliere tra le azioni coordinate da qualcuno – croce rossa, esercito, Caritas – che sanno cosa si deve fare e il moto spontaneo di uno che carica la macchina e va e poi davvero riesce a fare per pure caso piccole enormi differenze nella singola giornata di una persona qualsiasi. E gli indica la direzione generale della stazione consigliandogli di andare prima a farsi un giro lì, parlare con i volontari e sentire se magari sanno loro meglio qualcosa di utile da fare in furgone.

Poi però ci ripensa, si accosta al furgone uscendo dal parcheggio, cala il finestrino e vede lui e una biondina che si stanno studiando qualcosa.

“E allora, come va?”

“Abbiamo deciso che andiamo al confine e vediamo.”

“Fate bene, ho visto al telegiornale che un mucchio di gente ci va spontaneamente, sarà trafficato, ma una volta lì qualcosa vi sapranno dire. Bravi. E in bocca al lupo. E grazie”

E poi partono per il confine tedesco, si impicciano in code per l’autostrada, le emergenze pipì che sono pur sempre tre signore più o meno in età, la zia che da dietro propone ininterrottamente panini semplici, panini ai semi di girasole, cioccolata, che le vivandiere, diolebenedica, sempre dietro stanno. La spia delle luci che si accende all’improvviso, ma le luci ci sono, sarà un contatto. La spia dell’olio che compare, poi scompare e qui la domanda si fa pregnante. Cercano un agriturismo, cercano di raggiungerlo prima che la pizzeria accanto chiuda, si perdono per le campagne con Google translate cha fa “strada sconosciuta” e tutti i torti non ce li ha, visto che sembra una sterrata, al buio, di notte

Ma in tutto questo stress, e incertezza, e qualche aggiornamento sulla guerra letto da telefonino, la constatazione che certe notizie grosse – diciamo delle pie supposizioni – uno le legge solo in italiano senza riscontri in altre lingue, loro tornano nel vecchio riflesso delle loro riunioni di famiglia, e cantano.

Cantano le canzoni, un tempo proibite, dei partigiani polacchi, cantano le canzoni russe contro la guerra e il destino infame, cantano quel paio di canzoni ucraine che conoscono, la #madredifamiglia pensa a sua cognata ucraina e come dovrà sentirsi e piange di nascosto, ma è la maledetta anima sentimentale slava, niente di ché.

E come il cielo vuole, trovano un distributore, fanno il pieno, controllano l’olio, sembra che quando ne versano la prima parte trabocchi, ma quindi c’è, controllano l’asticella altre due volte, e alla fine si scopre che un litro ci va tutto. Arrivano all’agriturismo senza aver trovato un posto aperto in cui mangiare, ma le provviste saccheggiate al supermercato e in panetteria prima di partire a che servono? E stamattina si riparte, perchè, come dice la canzone dell’autiere al fronte, tocca andare e si va.

“Sotto le bombe, per la strada

la morte accanto a noi si fa una risata.

Ferma sorella, vai tranquilla, che lavoro per noi qui ce n’è.

Dura era la strada per Berlino

tra le bombe e il fumo dei cannoni.

Ma il fratello autista

trova un’altra pista,

perché tocca andare e noi si va”

La canzone dell’autiere al fronte in polacco
Questa invece è la stessa canzone in russo, perché le guerre sono guerre, ma la gente è tutta imparentata e il dramma è questo
soldato ucraino che canta Chvala Ukraina

(Che poi per strada, le canzoni ci sono servite:

“oh, meno male, mi si è sbloccata la schiena, me lo dice sempre la fisioterapista che devo respirare, cantare mi ha fatto bene.”

“Certo meno male che le canzoni in russo le cantiamo in macchina e non ci sente nessuno, di questi tempi qualcuno che ti mena rischi di trovarlo.”

“Ci pensi se ci stava anche Ela? Quella partiva in quarta solo con le canzoni russe e si sarebbe offesa se le avessimo detto di evitare”.

Perché non ve lo avevo detto, ma le sorelle Wasowicz sono tre e certe volte mi ricordano i tre fratelli Karamazov).

Intanto noi ci avviamo verso Berlino, e poi a casa.

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