Press-bags alla Galleria Metis

Non so se per motivi professionali siate mai finiti a un evento stampa e/o per operatori turistici. Io ne ho fatti tanti, come interprete, giornalista o organizzatrice, il tutto visto dalla mia ottica di ex-albergatrice (oh, all’ epoca non mi invitava nessuno, come mai?).

In genere si affitta una sala in qualche albergone figo, se è previsto un workshop per gli operatori anche due, in una si mettono tavoli e mini-stand dove far incontrare offerta e domanda, qualche interprete se ce n’ è bisogno, dei rinfreschini. Poi segue la conferenza stampa, quando va bene c’ è sempre qualche autorità, assessore, presidente, ambasciatore, chargè d’ affair o console che porge saluti, ringrazia per la presenza, illustra quanto è bella la zona che si sta promuovendo, mostra spesso film o foto e alla fine il rinfresco, cena in piedi o seduti a seconda della presenza e del budget. All’ uscita una bustina con la cartella stampa, un gadget, e talvolta segue una mail di ringraziamento e proseguimento contatti.

Si tratta di una cosa piuttosto standard, anche se recentemente ho visto anche variazioni tipo una cenettina intima per 20 persone, in cui i 7-8 giornalisti presenti si sono detti commossi e deliziati proprio perché finalmente è stato possibile uno scambio personale. Perché poi diciamocelo, a parte la cena, tutto quello che si apprende poteva benissimo venir riassunto nel comunicato stampa o un sito istituzionale. I giornalisti vengono per la cena e gli operatori pure.

Ora, io sono una festarola per inclinazione persona, mestieri vari e vizio di famiglia, in vita mia ho organizzato molte più feste di quelle a cui ho partecipato (hint, hint: quando accidenti mi vuole invitare qualcuno, che comincio a invecchiare e a volte mi farebbe pure piacere mettermi in tiro, comprare dei fiori e fare l’ ospite, invece di arrivare ai primi ospiti che mi entrano in casa e io ancora non ho fatto la doccia o sono vestita, e alla fine va bene pure così, che intanto ho avuto la scusa per pulire bene casa o ufficio e cucinare cosette buone).

Ne approfitto per annunciare che quest’ anno compio 45 anni, gradirei moltissimo che chiunque mi organizzi un surprise party di qualsiasi tipo e a qualunque titolo, possibilmente entro il 15 maggio che sennò entro in fibrillazione e me lo organizzo da me, come è successo per i 40 anni (per quelli ho implorato e supplicato un paio di maschi della mia vita, che rispondevano cose del tipo: sii logica, come facciamo ad organizzarti una festa a sorpresa se ce la chiedi tu? e io: non me ne frega niente, sorprendetemi, sono una ragazza semplice, che ci vuole a sorprendermi?) comunque la mia festa dei 40 anni è stata bellissima, per la prima volta con una cena seduti per 24 adulti e svariati bambini che abbiamo fatto cenare prima al piano di sopra.

Dicevo, da festarola incallita e con un lungo stato di servizio, nonché ex-albergatrice, a me metter su l’ hardware di una festa qualsiasi ci metto mezz’ ora per l’ organizzazione e a seconda delle dimensioni, da uno a quattro giorni per l’ esecuzione. Che ci vuole? Sala, tavoli, sedie, tovaglie, decorazioni più o meno floreali, tirapiedi vari per l’ accoglienza, l’ entertainment, il servizio e le pulizie, attrezzature da cucina e tecniche. Tutta roba che si compra o si affitta o ci si fa prestare dagli amici, tanto più se il budget non è un problema (e se lo è, trovo sempre un modo per aggirarlo). Io mi ci diverto proprio.

La cosa per cui bisogna essere un po’ più addentro è il software, lista invitati, giornalisti da invitare, coccolare, sollecitare, operatori da blandire, VIP da coinvolgere, ma dopo tanti anni pure questo mi viene abbastanza automaticamente, nonostante i clienti italiani facciano fatica a capire che in Olanda tocca mandare l’ invito tre settimane prima e dei reminder e/o conferme almeno una o due volte dopo.

Ieri però è successa una cosa che non ho mai visto prima: una coalizione di abruzzesi che mi ha sconvolta, un produttore di vino, Zaccagnini, che dopo aver regalato delle bottiglie buonissime per la serata, quando gli abbiamo detto che non bastavano, ha spedito l’ importatore con delle altre.

La gallerista abruzzese ad Amsterdam, Rossana

Due galleristi che all’ ultimo giorno di una mostra hanno spostato opere, ricoperto di plastica trasparente un’ installazione che abbiamo usato come buffet, invitato amici e giornalisti e messo a disposizione la qualunque (combinando anche le bottiglie extra.

Un veneto che normalmente mi paga per seguire le mie lezioni di vino che si è infilato un grembiule, ha inforcato un cavatappi e ha passato la sera a servir vino e raccontarlo manco ci fosse nato in mezzo a quei filari di Montepulciano d’ Abruzzo (per le cose alcoliche, i veneti non ti deludono mai). Gratis.

Antonella Barbella, la mia chef preferita

Una chef, per per orgoglio patrio ha prodotto un buffet che poteva costare il quintuplo. Il tutto il giorno in cui la mattina ha tenuto due workshop e preparato un altro catering.

Degli ospiti che nonostante la neve, il ghiaccio, il sabato che è una giornata altamente sbagliata per questi eventi qui professionali, sono arrivati (grandi sms e mail nei due giorni precedenti: va bene se porto qualcuno? Eccome no, siamo abruzzesi ospitali o non lo siamo?)

Un fisarmonicista in dreadlocks e piercings che mentre il resto del trio è rimasto bloccato da aerei mancati da Roma, è arrivato in treno da Parigi e ha tenuto banco da solo.

Un direttore di parco (belli questi montanari dei parchi) che ha iniziato a dirigere una quadriglia (e hanno ballato tutti). Un altro, che per non essere da meno, ha preso il microfono delle presentazioni e ha cantato cose popolari, tra cui una roba con tremila strofe a doppio e triplo senso che gli olandesi erano deliziati, ma gli italiani piegati in due (Quand’ è bellu llu primme ammò, per i filologi tra di noi).

Le pescaresi expat, due signorine magre, aristocratiche, e in orecchini di perla, che hanno riscoperto l’ anima delle pecore e della transumanza che alberga in ognuno di noi, e mi hanno afferrata per ballare il saltarello, che io ho annunciato e spiegato, ma che onestamente quasi nessuno sapeva ballare, però abbiamo fatto finta e ci è venuto bene.

La chef che alla fine ha confessato che le sembrava di essersi ritrovata a uno di quei matrimoni in famiglia di paese.

I miei antichi contatti degli eventi ufficiali con cui alla fine, in un angolo, ci siamo detti: Certo che quando c’ era ancora l’ ENIT ad Amsterdam, col cavolo che si organizzavano queste cose.

Il che mi conferma che quando uno le regole le conosce molto bene, poi può anche scombinarle, e viene bene lo stesso. Anzi, meglio.

(Mi hanno promesso o minacciata di mettere su Facebook dei film in cui ballavo, spero di no).

9 comments

  1. Se mettono i filmini voglio il link! 🙂
    COmunque questo racconto trasuda allegria da ogni parola (parole che sudano…bleah!).
    Mi sa di allegria e gioia e divertimento.
    Una meraviglia di scombinamento.

  2. Complimenti Barbara, dopo aver letto il resoconto della serata mi dispiace ancora di più non essere arrivata ad Amsterdam ieri!
    Eh sì che lo vogliamo il filmino 😀

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