A San Martino l’Olanda festeggia in un modo molto carino. I bambini, verso le 5-6 di pomeriggio, come fa buio, vanno casa per casa con dei lampioncini a cantare canzoncine e in cambio ricevono dolci, mandarini o soldini. Questa la tradizione.In realtà tutti comprano un megapacco di Mars, caramelle gommose o schiumose, insomma le peggio schifezze e via. Altri invece escono fuori a cena perché non sopportano i bambini che cantano, ma non hanno neanche lo stomaco di fingere di non essere in casa.

È stata una delle prime tradizioni olandesi che ho conosciuto, forse perché la più vicina al cuore del capo. Per gli anni che lui abitava in una via difficile a Groningen (proprio un ghetto, con tossici, spacciatori – tutti residenti – un paio di omicidi nel settore, ma anche studenti del conservatorio che avevano una serie di appartamentini isolati acusticamente, famiglie che vivevano del sussidio, noi, cose così) e quindi io compravo regolarmente le schifezzette, i bambini non venivano (forse perché eravamo sul lato in ombra della strada, i lampioni erano di fronte) e poi il capo se le faceva tutte fuori da solo.

Era così anche da piccolo. Per lui Sint Maarten era quindi una festa bellissima, dolci a gogò senza il controllo materno. In genere i bambini fanno il giro con il lampioncino fino a 12 anni. Poi passano alle superiori e si vergognano un po’. Non così il capo: lui ci ha provato fino al primo anno di superiori. Se ne è andato in giro con gli amici del fratello piccolo, non del mediano, proprio i piccoli di sei anni più giovani. E sapendo che quella era davvero l’ultima volta che gli toccava, l’ha fatto per il bottino: è rientrato dopo le 23:00 (ieri noi alle 19:00 eravamo già tra gli ultimi, siamo rientrati verso le 20:30 e non c’era un lanternino in giro), in certi posti neanche cantava, arraffava i dolci e via, indirizzo successivo. È stato malissimo, il giorno dopo, raccontava. Forse per questo che è diventato astemio: anche lì, se non stai attento, il giorno dopo stai malissimo.

Ieri io non c’ero, la MIA tradizionale festa di san Martino con castagne e vino l’ho fatta sabato e ieri appunto ero a Utrecht per uno spettacolo con la Fondazione Quelli di Astaroth  (andato benissimo, un mucchio di complimenti e ci hanno pagati, bene che abbiamo bisogno di fondi per il prossimo pezzo teatrale serio che facciamo a marzo).

Rientro incazzata, che nel frattempo tutti i genitori di tutti gli amici telefonavano a me sul telefonino per sentire se andavamo, e io ero bloccata nel traffico. Rientro, casa buia e silenziosa, io a cercare di decidere: mi ficco a letto che sono distrutta, metto in ordine che ho ancora i cadaveri della festa di ieri in giro, o mi vesto calda e li raggiungo? Meno male che decido di salire a vestirmi calda: sono tutti e due nella vasca con le barchette e le papere. Bastardo di un padre, è la TUA tradizione e manco mi porti i figli fuori. Io divorzio. Per fortuna sono stata zitta.

Chiedo a Ennio? Vuoi farti ancora il bagno e poi andiamo a letto, o ti vesti VERAMENTE in fretta e raggiungiamo un pezzetto i tuoi amici? Lui esita. Lo capisco, anch’io vorrei solo ficcarmi nella vasca calda ma in quel momento arriva il padre bastardo, ancora incazzato con me che gli ho sbolognato i figli tutto il weekend (amore della mia vita, quand’è che lo abbiamo deciso esplicitamente che tu ti dedicavi esclusivamente alla carriera dal lunedì al venerdì e io facevo la custode del fuoco sacro da sola in questi giorni, oltre al mio lavoro? Mai, vero? È successo così. Allora succede anche che io il weekend me lo organizzo partendo dal presupposto che ai figli ci pensi tu. Aiuto, dobbiamo parlarne seriamente al più presto) arriva incazzato in bagno, dicevo, dichiarando: il bagno adesso lo faccio io. Io divorzio, ripeto il mio mantra silenzioso, che mi ha salvato per anni il matrimonio.

Per fortuna in quel momento tutta la band di amichetti suona alla porta e il capo mi ficca in mano una busta di schifezze dicendo apri tu, e io scendo dal terzo piano ancora con i tacchi da presentatrice e un freddo cane che sono vestita da sera mentre qui ci vuole un maglione e un paio di calzettoni, clima infernale che mi fa fuori spontaneamente qualunque velleità di vestirmi sexy, Ennio mi raggiunge di corsa con addosso un asciugamano troppo grande per lui per sentire i suoi amici, e a quel punto gli viene voglia, si veste (ci vestiamo) caldissimi in fretta, scopro che le giacche dei tre maschi sono bagnate fradice (allora sono poi usciti davvero? Sotto la pioggia battente e l’infame ventaccio freddo tipico di san Martino, che al povero J. l’anno scorso è volato il lampione nel canale e lui povero, che già è un bimbo tenero e timido, non gli veniva proprio da cantare alle porte, piangeva dalla delusione e basta). Scusami amore, mi rimangio tutto sul padre bastardo e le tradizioni (ma la discussione sulla divisione dei ruoli quella non te la toglie nessuno) e adesso che finalmente non piove ci facciamo un giro con l’amichetta A., il cui padre in carriera ha un giubbotto pieno di macchie di fango.

“Lo vedi quanto si è divertito a Barcellona con gli amici dell’Università?” chiede allegra la mamma di A. indicandomi le macchie (“Sono scivolato” spiega lui, “Si, proprio” facciamo noi in coro). Lo vedo, infatti i padri e le madri olandesi in carriera se lo fanno ogni tanto un weekend con gli amici/le amiche per conto loro. Il mio invece no. Forse lo devo spedire una volta a Barcellona anche a lui, che anche se è astemio e fedele nei secoli qualcosa da fare forse la trova.

E anche questo san Martino la nostra parte l’abbiamo fatta. Ora in fretta dal cinese a prenderci qualcosa da mangiare, che io ho fame e anche se non sembra, questo weekend ho lavorato e non ho voglia di cucinare.

Il più carino però è stato il signore della casa all’angolo sul canale a fianco al nostro, che anche se stava vedendo la partita è sceso di corsa dal secondo piano, ci ha dato dei dolci e ha rinunciato ad ascoltare le canzoni che aveva fretta di risalire per vedere se avevano fatto goal. Lui mica ha fatto finta di non esserci. Allora dopo vado a lasciargli un biglietto gentile firmato san Martino, dicendogli che ci metterò una buona parola con il collega san Nicola, che arriva ad Amsterdam la settimana prossima e che il 5 dicembre porterà i regali.

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