In questo momento i Paesi Bassi hanno raggiunto il peggior deficit di bilancio degli ultimi 100 anni per via dei soldi che hanno buttato a pacchi nella crisi.

Sono arrivati a raddoppiare i posti in terapia intensiva in un paio di settimane anche se alla fine – per ora -non sono quasi serviti quelli extra. Hanno ribadito fin dall’inizio che i posti extra in terapia intensiva non sono solo questione di attrezzature e monitor – ordinati e recuperati ovunque in tempi record – ma di personale sanitario, hanno fatto un appello e in pochi giorni si sono presentati volontari 7000 ex-infermieri che avevano scelto un altro mestiere, gli hanno fatto il corso di aggiornamento, hanno diviso gli infermieri specializzati in Terapia Intensiva con accanto due o tre colleghi di fresca nomina e pedalare.

Nessuno ovviamente che sia stato lì a cincischiare tanto sul fatto che ben 7000 persone, in un paese di 17 milioni di abitanti, hanno lasciato una professione sanitaria massacrata da anni di ottimizzazione (leggi: tagli) per fare di meglio, ma che come un sol’uomo si sono presentati nell’emergenza a fare un lavoro, in questo momento di mancanza di mascherine e 2000 morti alla settimana in più rispetto allo stesso periodo negli scorsi anni, ancora più di merda di quando ne erano usciti.

E nemmeno sull’amara giustizia poetica di un ministro della Sanità che sviene in parlamento per l’iperlavoro delle settimane precedenti l’annuncio dell’adozione di misure di contenimento, e del suo vice che in mezza giornata deve sostituirlo, garantendo senz’altro continuità a un ministero chiave, ma dovendo anche agire con i mezzi che nei 5 anni di ottimizzazione della sanità dal 2012 al 2017 aveva risanato lui stesso come capo della commissione tagli. Sono dettagli che in un momento di crisi è persino di cattivo gusto ricordare.

I soldi comunque non sono stati spesi solo per la sanità ma anche per la pax sociale. Nel senso che il primo ministro Rutte ci ha messo un po’ ad arrendersi all’evidenza della necessità del lock-down, ma poi nel corso di un sabato, sulla spinta del sentimento popolare – scuole, medici ed esperti vari che si sono fatti portavoce di una serie di preoccupazioni condivise – ha agito (non diciamo nemmeno che l’opposizione di estrema destra che gli stava col fiato sul collo per chiudere le scuole gli sta anche portando via una parte di elettorato e il prossimo anno ci sono le elezioni nei Pesi Bassi, non ce lo scordiamo.)

Come lo ha fatto esattamente: annunciando una conferenza stampa la domenica pomeriggio alle 17:30 dopo che solo il venerdì precedente aveva dichiarato che no, le scuole non avrebbero chiuso.

(Per dare un’idea della tempistica: il giovedì precedente la scuola di un figlio ci ha scritto dicendo che stavano ragionando su una eventuale chiusura e raccomandato a tutti gli alunni, intanto, per sicurezza, di riportarsi a casa libri e materiale di cui avrebbero potuto aver bisogno. La scuola dell’altro figlio ci ha scritto dicendo che fino a quando non glielo ordinavano non vedevano motivo di chiudere ma assicurandoci che da giorni erano in contatto continuo con le ASL e il ministero e che per il momento si attenevano alle istruzioni dell’Istituto Superiore della Salute Pubblica e Ambiente (RIVM, quello che ci dà le cifre quotidiane). Nel frattempo maschio alfa lavorava da casa da oltre una settimana, perché essendo la sua ditta fuori regione, e proprio in quella che era stata il focolaio dell’epidemia, già da un po’ avevano raccomandato di far lavorare da casa chiunque potesse. Noi per non saper né leggere né scrivere avevamo deciso di non mandare i figli a scuola il lunedì, visto che erano pure stati recentemente raffreddati e malaticci, e da quello che sentivo in giro non eravamo i soli.)

La conferenza ufficiale di domenica 15 marzo

Alle 17:45 di domenica hanno detto: da oggi alle 18 chiudono ristoranti, coffee-shop, saune, sex-club e palestre, tutti posti dove la gente si ammassa. E alle18 erano chiusi. Non per grazia divina, ma, sospetto, perché il giorno prima hanno ritirato tutti i permessi e ferie di forza pubblica e servitori dello stato che al momento della conferenza stampa già stavano battendo porta a porta tutti i vari esercizi per controllare che lo facessero. (Ho anche detto in quella circostanza che tenevo nel cuore tutti quelli che in quel momento erano in un sex-club o sauna a cui hanno dato 10 minuti per rimettersi i gioielli di famiglia nelle mutande e uscire, situazioni che, pandemia o meno, auguri giusto al tuo peggior nemico.)

Gli olandesi stanno tranquilli perché la prima cosa che hanno annunciato è stato che avrebbero sostenuto le aziende per mettere in sicurezza i salari.

La comunicazione

La comunicazione delle misure di sicurezza è un capolavoro di stronzaggine efficace, io me le ascolto ogni volta e spero di imparare. I cazziatoni che Rutte fa martellando parole accuratamente scelte prima di pronunciarle, come “asociale” in una (il weekend prima di Pasqua in cui la gente approfittando del bel tempo aveva affollato le spiagge, tanto che alcuni sindaci di comuni balneari hanno dovuto far chiudere le vie di accesso dalla polizia stradale), “lock-down intelligente” in un altra, per blandire e convincere la gente a stare a casa per Pasqua intanto che da una settimana mandavano comunicati stampa in Germania e Belgio per chiedere ai turisti di non venire neanche loro, che avrebbero chiuso i confini per il weekend. Adesso è la volta di “prospettiva” perché i numeri di contagi e decessi calano e la gente è stanca, sfiduciata, gli esercizi di prossimità che hanno dovuto chiudere nonostante gli aiuti finanziari soffrono e un po’ tutto il Paese sarebbe pronto a ripartire, ma non ce lo possiamo permettere. Ma siccome il lock-down intelligente e la “nuova realtà a un metro e mezzo di distanza” non bastano ad evitare assembramenti nei quartieri fighetti di Amsterdam, centro e De Pijp soprattutto con il bel tempo, che mai avuto ultimamente un aprile così caldo e soleggiato, mortaccisua, tocca insistere e convincere la gente a portare pazienza.

Quello che io ammiro moltissimo è quindi la modalità della comunicazione e come ti martellano i concetti chiave. Sono efficacissimi e tengono conto della mentalità dei loro polli. Poi i giornalisti che non ci cascano e l’opposizione il giorno dopo alla camera gli ci fanno pelo e contropelo, ma intanto la popolazione li accetta, questi limiti tutto sommato abbastanza grossi.

Li accetta perché intanto il governo gli viene incontro nel portafoglio e i soldi sono sempre un buon argomento, ma soprattutto, qui non è questione di soldi, è questione di chiarezza, concetti semplici ripetuti all’infinito, di fiducia reciproca tra governo e cittadini e anche quando ti devono dire le cose scomode, te le sanno dire. Per esempio il fatto che la riapertura delle scuole l’11 maggio è una specie di salto nel buio, un esperimento per capire con quali tempi e cautele riaprire altri settori dell’economia. Ti dicono il razionale scientifico su cui si basano – e lo sappiamo tutti che qualsiasi cifra e ricerca scientifica, per quanto rigorosa, resta abbastanza flessibile per prendere le forme di cui la politica ha bisogno – ma non vedi l’arbitrarietà, come cittadino. Ti motivano le scelte.

Tutto questo ovviamente può funzionare anche per altri motivi, e questi li ha spiegati talmente bene Roberta d’Alessandro, che mi permetto di citarla integralmente, perché quando una lo sa scrivere meglio di me, bisogna ascoltare le sue di parole.

Sparta

Scrive quindi Roberta:

“Ci sono alcuni fattori che gli italiani che guardano all’Olanda (e ci si arrabbiano, per via delle politiche spregiudicate anti-lockdown) spesso non considerano, e che sono invece molto evidenti per chi vive qua:

1. I genitori dei bambini delle primarie, che rientreranno in classe l’11 maggio, sono molto ma molto giovani. Molto più giovani dei corrispettivi italiani. Diciamo in media almeno 10 anni di meno.
2. I nonni non fanno da baby sitter (non full-time alla maniera italiana, almeno).
3. La mentalità olandese è radicalmente diversa da quella italiana. Gli olandesi non temono questo virus. Non lo temono. Mi dicevano: aspetta che inizino a morire le persone e vedrai. Le persone stanno morendo a frotte: sono tutti calmi e tranquilli.
4. Gli anziani non credono e non pretendono di essere eterni e spesso guardano alla morte con serenità (anche perché non devono fare da baby sitter, e si godono la vita, mediamente).
5. E secondo me fondamentale: L’idea della sacralità della vita non gli appartiene. Non è un concetto che ho mai sentito menzionare, in 12+ anni di vita in Olanda. Mai.
6. Gli olandesi non hanno nozioni mediche di base, non si curano, non si interessano della propria salute più di tanto. Fanno molto sport e vanno in bicicletta come dei dannati. Se stanno male si fanno curare, e le cure sono di solito buone (quando la malattia è seria). Altrimenti, paracetamolo. Se muori: too bad (vedi punto 5).

In sostanza: quando pensate all’Olanda non dovete misurarla col metro italiano. Dovete pensare a Sparta. Poi provate a riformulare le vostre considerazioni italiane rivolgendole a un cittadino di Sparta.
Eh ma mia madre ha 80 anni e potrebbe morire. Bene, ha vissuto abbastanza, dovrebbe essere contenta di esserci arrivata.
Eh ma mi prendo la polmonite. Bene, ti metti a letto, prendi il paracetamolo, e ti passa. Altrimenti c’è l’ospedale.
Eh ma i bambini devono stare dentro. Male, i bambini devono stare fuori, abituarsi al freddo e al caldo, alle intemperie. Devono forgiare il fisico e andare in bicicletta. Devono imparare a nuotare – tutti – e a pedalare. Anche 20 km sola andata per arrivare a scuola, ogni mattina, sotto la pioggia. Si va.
Eh ma il virus è pericoloso.
Lo sappiamo, e se ti ammali seriamente ci sono abbastanza letti, perché ci siamo preparati.
Eh ma a me questa decisione non piace.
Il governo ha deciso così, così si fa, che ti piaccia o no.

This is Sparta.
Non potete misurare l’acqua col metro. Le categorie italiane, qua, non valgono. Ricordatevelo.”

E a questo, io non ho altro da aggiungere se non: I rest my case.

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