video“E quindi è tutta colpa tua, io l’ho ereditato da te”. Il ragazzino ride in faccia al padre nello studio della psicologa.
“Embè, di che ti lamenti, non hai sentito la dottoressa che ha appena finito di spiegarti tutte le cose bellissime che hai? Energia, creatività, la capacità di fare 30 cose tutte insieme. Meglio di così. Che volevi ereditare, dei soldi, che a parte che non ce l’ ho, sono pure una cosa tanto volgare?”

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Tempo fa lessi questo articolo di Pietro Barbetta, che tra l’ altro link a all’ inizio alcuni articoli sull’ argomento. Nell’articolo, che sottoscrivo in buona parte, anche se a una prima lettura mi fece incazzare, lo si dice senza mezzi termini:

“Oggi il bambino vivace è diventato un ADHD. Acronimo americano buono per il DSM, altro acronimo americano. Oggi parliamo per acronimi, gli acronimi coprono le origini, gli acronimi svolgono solo funzioni. Oggi non importa più neppure sapere da quali parole sono composti gli acronimi, anzi è meglio che non si sappia.

ADHD significa attention deficit hyperactivity disorder, ovvero disordine da deficit di attenzione e iperattività. I bambini vivaci sono patologizzati e le competenze per il loro trattamento sono diventate tecnologiche. In primo luogo farmaci. Si sostiene che i bambini affetti da ADHD hanno comportamenti impulsivi, che possono diventare adulti con disturbi di personalità (antisociali, borderline). Avete mai incontrato un bambino non impulsivo? Si è mai pensato, prima di quando l’ADHD diventasse una diagnosi diffusa, che l’impulsività non fosse una caratteristica costitutiva del bambino?”

Negli ultimi 2-3 anni ho avuto per caso o per voglia, a che fare con diverse famiglie che si sono trovate a gestire un percorso diagnostico sull’ADHD. E ho imparato alcune cose che in perfetto stile Mammamsterdam non potevo evitare di condividere con tutti voi. Eccoci qui.

*****qui inizia una delle mie ben note digressioni sul tema, se vi volete saltare le verbosissime considerazioni preliminari e andare direttamente alla comoda lista a punti in cui vi elenco il bello di avere l’ADHD, saltate tutto a piè pari e ci vediamo in fondo dopo le altre stellette*****

Non ci sono mancati i casi di diagnosi ad mentula canis, come la mia amica convocata dalle maestre dopo un paio di mesi di prima elementare che con toni allarmantissimi le ingiungevano di drogare il figlio, violento e ingestibile oltre ogni dire, o altrimenti non glielo tenevano in classe. Dopo la prima botta di disperazione, seguita dalla botta di rabbia, è saltato fuori che da due mesi il bambino passava ore e ore a fare i giochetti col computer in corridoio, con l’occasionale supervisione del bidello. Motivo? Boh.

I genitori sempre e comunque disperati, e nel frattempo anche incazzati con la scuola, e preoccupati del futuro scolastico del bambino che intanto aveva perso due mesi, gli cambiano immediatamente scuola, trovandone una privata dalle monache che lo prende, con giardino e supporti vari, a caro prezzo ma non puoi far perdere altro tempo a un bambino in prima elementare. Nel frattempo sempre con grandi patemi e dispendio di nervi e soldi, il bambino è stato esaminato, testato, rivoltato come un calzino da persone competenti, come dire psicologi e psichiatri infantili. Per concludere che non ha assolutamente niente, al limite è un po’ vivace e bastian contrario, ma non si droga la gente per questo. La nuova scuola non ha nulla da ridire sul suo comportamento e se ce l’ ha, se lo gestiscono in altri modi. I genitori sollevatissimi. Io incazzata per la proprietà affettuosa transitiva.

“Ma almeno hai denunciato la prima scuola e le maestre? Con quello che ti costa il diritto all’ istruzione di tuo figlio?”
“Sai com’è, ne siamo usciti talmente sfiniti che proprio non ho voglia più né di vederli né di sentirli.”

E come darle torto. Poi su questa mania di dare il ritalin a normali bambini vivaci ormai se ne leggono e sentono di tutti i colori, che uno è per forza contrario per principio.

Il motivo per cui l’articolo citato all’ inizio e altri simili mi fanno un po’ incazzare è che sembrano voler bagatellizzare, in un certo senso chi il deficit di attenzione ce l’ha sul serio. Da persona notoriamente molto distratta, mi rendo conto perfettamente di quello che intende dire una definizione che ho trovato in giro: avere un deficit di attenzione è come avere in testa 40 televisori, tutti al massimo del volume e ognuno su un canale diverso. Non fai a tempo a riconoscere il tuo attore preferito in uno dei televisori che lo schianto del Boeing sulla’ altro, il concerto di capodanno sul terzo e una serie di altre cose interessantissime lottano per portare la tua attenzione sul loro programma. Mi viene il mal di mare solo a pensarci che c’è chi vive così.

Che specialmente in America, e piano piano nel resto del mondo occidentale, si diagnostichino (o si fingano di diagnosticare) sempre più spesso dei bambini con qualche acronimo lo sappiamo. È un bene, è un male? Io penso che lo si possa paragonare alle denunce per stupro: fino a che nel comune sentire uno stupro era colpa e stigma sociale della vittima a cui si rideva in faccia o peggio se provava anche solo a denunciare, secondo le statistiche di denuncia non esisteva quasi stupro nella società e se esisteva, capitava solo alle Marie Goretti che per evitarlo si facevano ammazzare. Chi sopravviveva, per definizione, era consenziente. Adesso che un minimo di sensibilità individuale e comune sentire in proposito è cambiato si assiste al boom di stupri, persino nella lontana India.Si stupra di più, oggigiorno, o si denuncia di più e ci si indigna di più? Ecco, con le diagnosi di ADHD secondo me è la stessa cosa.

Non è che quando eravamo piccoli noi non esistessero i bambini ADHD, dislessici autistici e che in qualche modo emergevano dal contesto e ‘davano fastidio’. Esistevano, ma erano considerati sfaticati o delinquenti a cui spezzare le reni. A bacchettate, se necessario. Mio padre, insegnante alle medie, raccontava dei genitori che gli si raccomandavano di menare al figlio se si comportava male, che poi a casa gli davano il resto loro. Trovateneme uno di quegli ex-bambini terribili che senza una famiglia illuminata e provvista di mezzi economici alle spalle sia riuscito bene nella vita. In genere hanno ripetuto 2-3 volte la terza media e poi hanno abbandonato per andarsi a trovare un qualsiasi lavoro fisico che non li stigmatizzasse troppo per quello che erano. Se gli andava bene.

Provateci adesso a 15 anni a cercare un lavoro in cui esprimersi per un figlio che a scuola ha sempre sofferto. Se ti va bene lo mettono in corridoio dietro a un computer con l’occasionale supervisione del bidello. Il quale bidello, se in età, magari ha avuto il culo di essere uno di quegli ex bambini a cui i parenti con qualche connessione sono riusciti a far avere il posto. Ma un meccanico, tornitore o fabbro che si prenda un ragazzo che poi impara un mestiere e riesce in qualche modo nella vita, e anche bene, non esiste più e se esistesse, lo metterebbero in galera se si prende un apprendista minorenne. Per non parlare delle assicurazioni. Quindi questi sfoghi sociale degli ex bambini senza diagnosi oggi si risolvono con diagnosi più o meno accurate, fino a che sembra che tutti i bambini di oggi abbiano una diagnosi. Nella scuola di mio figlio ADHD è quasi un insulto, come mongolo ai miei tempi.

Uno di questi bambini problematici a scuola l’ho conosciuto a scuola di mio figlio, nelle poco piacevoli circostanze raccontate qui. Il ragazzino che per mesi ha torturato e poi picchiato mio figlio lo conosco da quando aveva due anni, andavano insieme al nido. Sua madre la tenevo nel cuore, perché la vedevo sola a tirare su questi due figli molto vivaci, li vedevo arrivare a scuola sempre sull’orlo del ritardo, con lei che gli strillava di sbrigarsi. E in una scuola piccola come la nostra, dove oltretutto ero molto attiva e conoscevo tutti, sapevo che era un bambino non troppo cattivo, neanche troppo stronzo, ma abbastanza incontenibile, che faceva sempre a botte e si ficcava sempre nei guai. E quando comunicarono i problemi con nostro figlio, la scuola in nome della privacy si rifiutava di dirci cosa stesse succedendo, facendo accenni vaghi a una situazione che non erano in grado di risolvere come avrebbero voluto, e a un tirocinante assistente del maestro di ginnastica che lo avrebbe seguito durante le pause e in altri momenti, quando rischiava di non tenersi, non per sua volontà.

Insomma, la scuola è piccola e un anno e mezzo dopo il segreto di Pulcinella è stato svelato pure a me: a quel ragazzino era stato diagnosticato una ADHD, la madre rifiutava di farlo medicare, la scuola, il medico e l’ assistente sociale che li seguiva avevano le mani legate e potevano solo contenere i danni. Con l’intervento della polizia sollecitato da noi (la mia amica avvocata mi aveva rassicurato, all’epoca, dicendomi dei tanti ragazzini difficili salvati da una denuncia al momento giusto) evidentemente la madre ha capito che la cosa rischiava di sfuggire ulteriormente di mano. Io all’ epoca non lo sapevo, ma entro una settimana quel ragazzino l’ abbiamo visto cambiare da così a così (giro il palmo della mano verso il basso), tornando il bambino che conoscevo all’ asilo, l’amichetto del calcio di mio figlio, quello che raccoglieva da terra e accarezzava i piccoli che inciampavano e piangevano. È andato alle superiori, pare vada bene anche se, mi dicono, si fa le canne e continua con gli atteggiamenti da piccolo macho de noandri, ma insomma, un diploma lo ha preso, poi ognuno fa sempre a tempo a rovinarsi la vita nei modi che preferisce.

Insomma, a volte mi viene da pensare che in quel po’ di casi in cui la diagnosi viene fatta da esperti con cognizione di causa, alla medicazione si accompagna una terapia adeguata, un intervento per insegnare a chi ce l’ha a gestirsi imparando quelli che il medico scolastico mi definì “i trucchetti”, non c’è motivo per cui non si possa avere una vita e un percorso scolastico normali. E siccome evidentemente il discorso delle medicine non piace davvero a nessuno, si ricorre ad alternative in corso di studio. Un’altra amica mi aveva accennato alla mindfulness e tracchete, ho scoperto anche quella: un percorso che si chiama: Meditazione o medicazione?

*****fine della digressione*****

E poi mi sembra più costruttivo pensare in termini di opportunità. Eccovi quindi alcune cose che ho imparato sul bello di avere l’ADHD:

  • si ha una grandissima energia, fisica e mentale, che se ben incanalata e supportata dai “trucchetti” che dicevo (ognuno si inventa i suoi) può farti raggiungere tutti gli obiettivi che vuoi e magari anche un paio di quelli che non pensavi di raggiungere
  • si è molto creativi
  • si riescono a mandare avanti diversi progetti e idee e ragionamenti contemporaneamente. Magari è stancante per chi sta intorno, ma i risultati ci sono e si vedono, basta non perdersi i pezzi per strada (il cosiddetto multitasking comunque esiste anche scisso dall’ ADHD, capiamoci)
  • si riescono a fare cose che gli altri si sognano proprio perché metti insieme dei pezzi del puzzle che altri non noterebbero
  • molti ADHD sono mediamente più intelligenti della media
  • il cercare di compensare la distrazione, la memoria a breve termine, il perdersi tra gli infiniti canali TV che stanno accesi nella tua testa, ti insegnano a trovarti e usare automaticamente un sacco di strategie che chi funziona in maniera più regolare manco si sogna, anche se a volte servirebbero a tutti
  • impari a fare molte più cose con il pilota automatico

La cosa fondamentale, per chi ha (un bambino con) l’ ADHD è di non perder mai di vista questi lati positivi invece di concentrarsi solo su quelli negativi. Cercare le opportunità, costruirsi le scorciatoie (o allungatoie). E soprattutto accettare serenamente l’evidenza dei fatti, che ci sono delle cose che forse ti vengono meno bene, ma sono appunto piccoli aspetti del tutto. E il tutto in generale è che comunque hai quelle 39 marce in più, basta imparare a innescarle quando ti servono.

E infine, come disse il terapeuta di una famiglia che ho seguito: Per dirla proprio come sta, la diagnosi di XY si chiama XY. Lui è una persona completa con tutte le sue caratteristiche, non ce n’ è un’ altro come lui e quindi non si pu`ø ridurlo a un’ etichetta.

Ecco, sapere come sono fatte le etichette è un ottimo punto di partenza per poi farne a meno.

18 comments

  1. La settimana scorsa siamo andati nella scuola dei miei alla rappresentazione di Sogno di una Notte di Mezza Estate, che è nel programma di terza (Boy-one lo fece due anni fa, Boy-two quest’anno). E lì: genialata delle maestre. Cosa fai con il tipico ragazzetto che non so se ADHD ma è sicuramente ipercinetico, che non sai mai come reagisce, sbrocca e corre come un pazzo a random, e non ascolta quel che dici? Come coinvolgerlo nella recita di classe?
    Risposta: gli fai fare Puck.
    Da brividi lungo la schiena, ce l’ho ancora negli occhi e nelle orecchie. Bravissimo, è riuscito (e sono riuscite le maestre) a farlo esprimere al meglio ma senza mai andare oltre la parte. Standing ovation, avevamo in molti la pelle d’oca.

  2. Ecco, le etichette…lotto da due anni con le etichette. L’anno scorso, al colloquio con le educatrici, mi dissero che mio figlio era troppo “squuared”: non rideva “di pancia”, non faceva mai niente fuori dalle regole. Quest’anno che ha quattro anni e va ancora nello stesso nido, mi dicono che, si, ok, è un bambino molto intelligente, però non gli piacciono i rumori e va in tilt per la confusione. Quindi…meglio, molto meglio, farlo seguire dalla psicoterapeuta che è anche la proprietaria della scuola. Ma perché, c’è un bambino ideale a cui bisogna ispirarsi per far rientrare i nostri figli e i loro caratteri nella norma? Io, tramite Marzia di l’ascia sull’uscio, sto cercando la strada per capire le etichette. E poi farne a meno. 🙂

    1. Prossimavoltamamma, ti tengo nel cuore e se sei arrivata qui tramite Marzia, benvenuta del club. Non il club dei genitori di bambini speciali, ma il club di genitori che si interrogano e non si accontentano delle prime impressioni. Mi permetto di dire, dalla mia esperienza, poi ognuno fa come crede, che un bambino che va in tilt per la confusione e i rumori a quest’ età potrebbe fra poco fare fatica a stare tutto il giorno a scuola dove deve lavorare e concentrarsi, ma dove per una sensibilità sua non ci riesce e rischia fin da subito di trovarsi fuori dai giochi o indietro. Ci sono dei piccoli ingegneri cauti che seguono le regole perché vogliono padroneggiarle perfettamente prima di testarne i confini, sono iù riflessivi, tutte qualità che nella vita spesso aiutano più dell’ impulsività e della pancia. mi ricordano queste due cse che dici mio figlio piccolo al’ asilo. e come disse allora la nostra genialissima medico di famiglia: “sai che c’ è, fategliela fare un’ osservazione esperta, magari non è niente e vi mettete sereni avendo anche argomenti da ribattere a scuola. Ma metti che si possa aiutarlo da adesso a indirizzarlo in modo che inizi la scuola elementare, almeno non ti devi rimproverare in futuro che avreste potuto fare qualcosa e non lo avete fatto”. Col senno di poi vedo pure io che non è un valer appiccicare etichette a tutti i costi a un bambino, ma semplicemente capire meglio che tipo è ed aiutarlo ad esprimersi al meglio, soprattutto a stare bene con se stesso.

      Se non ti convince la connessione psicoterapeuta proprietaria della scuola trovate un centro autonomo da questa e fatevi seguire. Noi a suo tempo ci eravamo rivolti direttamente allo psichiatra con cui una mia amica, per cose diversissime (Asperger e autismo) si era trovata bene con i figli. Lui invece di prenderci privatamente ci ha indirizzati al centro con cui collabora in modo da essere direttamente coadiuvato da colleghi psicologi, tra cui anche chi ha seguito noi per un periodo, visto che lo stress di avere la situazione di violenze senza che la scuola facesse nulla ci stava provando non poco. Ognuno di noi aveva una persona diversa, cos`i non si mischiavano le cose e mi sembra un approccio ottimo.

      1. Grazie mammamsterdam. Grazie per quello che dici. Si, anche noi vorremmo capire. Capire, aiutati da qualcuno che non abbia già applicato etichette, ne a noi, ne a nostro figlio. È un po’ difficile, dalle nostre parti, trovare qualcuno che abbia le competenze adatte, però ci proveremo. Quello che dici mi rispecchia completamente. Davvero, grazie.

    1. Pellona, il Dedde è figlio tuo così come gli Gnorpoli sono figli miei. Ovvio che rispetto al ragazzino medio saltino agli occhi delle peculiarità. Ma a voi anestesisti le leggi di Mendel le fanno studiare?

  3. L’ha ribloggato su trafantasiapensieroazionee ha commentato:
    Rebloggo volentieri questo post da mammasterdam …ci sono molti punti che condivido e soprattutto l’allarme rispetto alle “diagnosi facili”. In questi giorni è nelle sale il film-dicumentario “ADHD Rush hour” di Stella Savino; io l’ ho visto qualche giorno fa. FateVi capitare di andarlo a vedere…
    http://www.comingsoon.it/news/?source=cinema&key=33948

    1. Grazie Monica, mi rendo conto che non tutti questi aspetti che elenco siano veri e che quelli negativi superano quelli positivi, ma senza un po’ di ottimismo non se ne viene fuori, intanto ho comunicato da qui

  4. Non so se ti può servire la mia esperienza “dall’altra parte della scrivania”. La diagnosi differenziale è molto molto molto difficile. Il gruppone dei disturbi da comportamento dirompente comprende il disturbo della condotta, l’oppositivo-provocatorio e l’ADHD e distinguerli nella pratica non è semplice nemmeno per chi ci lavora. Finchè sono “puri” e la gravità è di un certo rilievo te la puoi cavare, ma la distinzione è sottile e spesso il setting in cui devi fare la diagnosi non è adatto. I casi sfumati, quelli non gravissimi, sono tosti. Le cose si complicano moltissimo quando i disturbi sono in comorbidità, cioè c’è più di una diagnosi. Io stessa penso sinceramente che per una diagnosi corretta farei un invio, non me la sentirei di dare pareri definitivi. Dagli esami medici in senso stretto (una risonanza o una tac) non si vede nulla, quindi devi usare i test e in tutti e tre i quadri il bambino può risultare affetto da adhd, perchè sono test di livello, basta che il bambino li faccia male e questo può succedere perchè si agita, perchè andare dallo psicologo non piace a nessuno o banalmente perchè è primavera, fuori tagliano l’erba e il bambino fa fatica a concentrarsi o perchè davvero c’è un adhd.
    Ora: se concretamente il problema a scuola è che il bimbo non sta seduto e non fa gli esercizi, come fai a sapere se è perchè non rispetta le regole, perchè è arrabbiato, o perchè ha un ADHD? Poi, una diagnosi molto difficile è quella di disturbo bipolare, che ha davvero molti punti in comune con il disturbo della condotta. Tu i bimbi li conosci, lo comprendo da quello che scrivi: hai idea del casino in cui si trova uno psicologo o un neuropsichiatra infantile che deve fare diagnosi? Per questo spesso le diagnosi sono sbagliate. Le capacità riflessive dell’adulto permettono di fare domande molto mirate per comprendere il problema (e non è semplice nemmeno con i grandi), ma un bambino si esprime per azioni, per mal di pancia, per altre vie e quindi si va a tentoni.
    Per esempio capita che un’insegnante faccia un invio per disturbo oppositivo-provocatorio perchè prende sul personale un comportamento che invece è frutto di un adhd, oppure che un bambino con adhd si arrabbi con la maestra perchè non si sente capito e questo venga scambiato per un problema di condotta, oppure perchè ci sono disturbi dell’apprendimento e il bambino reagisce alla cosa con frustrazione, che è umano. Purtroppo spesso la patologia dei bambini incoccia nella patologia degli insegnanti e degli psicologi che li dovrebbero curare. Qualcuno sostiene che la professione di medico o di psicologo sia già di per sè una diagnosi 🙂
    La mindfulness è una figatona, io la consiglio a tutti, almeno provare, però dal mio punto di vista è una pratica che uno porta avanti per la vita e se si intraprende quel cammino bisogna essere pronti a ridiscutere abitudini e tempi della propria vita. Le persone che lo fanno ne sono felici, io non me la sono sentita perchè i miei tempi di vita avevano un significato ben preciso per me e non ero disposta a cambiarli, ma in futuro chissà? L’unica cosa che ti posso consigliare è: se fate fare mindfulness a vostro figlio, fatelo anche voi, tenendo in conto che dovrete ritagliare delle ore dal vostro menage familiare per farla in modo proficuo: o la si pratica tutti i giorni o non vale la pena fare corsi. E’ difficile meditare se la famiglia intorno non ti sostiene. Scegli la meditazione vipassana, l’approccio giusto e standardizzato è quello di Kabat-Zinn, quindi se decidi di farla informati su dove ha studiato il maestro di mindfulness, scrivimi piuttosto, cercherò di darti una mano per quanto possibile.
    Molti casi di adhd se presi con il dovuto amore e senza troppi farmaci, tendono alla remissione in età adulta, però ripeto: per molti (presenti inclusi) è difficile fare diagnosi differenziale tra questo e una depressione bipolare o altro.
    Quello che io vedo per la mia esperienza personale e spero di non offenderti dicendo questo, è che riscontro sempre difficoltà di coppia, che non vuol dire necessariamente cose grosse, ma traslochi, lutti o vita poco abitudinaria per un bimbo possono essere molto stressanti, prova a pensare se nel momento in cui hai visto il problema iniziare non è contemporaneamente successo qualcosa nella tua famiglia, magari non c’è relazione diretta (per esempio tu che cambi lavoro o che so io) ma i bambini hanno i radar per queste cose). Poi le cose nella vita si ingarbugliano sempre, si accumulano e si stratificano… e va da sè assumono dimensioni e proporzioni proprie.
    Sul farmaco sai che non so veramente cosa pensare?
    Ci sono forme di riabilitazione che danno davvero grandi risultati, se associati al farmaco… se un ragazzino ha grosse difficoltà a concentrarsi e deve imparare, perchè farlo soffrire, mi dico. Però con il Ritalin i ragazzi cambiano tanto, li vedi diversi e anche se si calmano, ti domandi: “sì, per me è più facile gestire questa situazione, ma il bambino che ho davanti, è ancora lui?” Ecco, a questo dilemma io non ho risposte.
    La signora che mi affitta lo studio per esempio, ha fatto una vita di inferno con il figlio certificato per adhd, senza trattamento farmacologico, poi si sono resi conto che era un disturbo bipolare e con uno stabilizzatore dell’umore sta molto meglio, la famiglia riprende fiato ecc… però ti dico. Ammetto anche che la signora che mi affitta lo studio è una donna tutta particolare e non so fare diagnosi differenziale tra una depressione bipolare e un fracco di casini familiari.
    Ho scritto un papirone e potrei andare avanti ore… Per qualunque cosa ti possa servire sapere, conta su di me, bibliografia compresa 😉
    In bocca al lupo!!

    1. Grazie Nathalie Finch, sei preziosissima e si, direi che nell’ interesse generale se ti va di passare una bibliografia secondo me ci sono un sacco di persone qui intorno che ti sarebbero grate.

  5. Questo, sull’aggressività è un buon libro. L’autore lo conosco. Molto preparato, ma non si occupa in senso stretto di ADHD https://www.mulino.it/isbn/9788815098627?forcedLocale=it&fbrefresh=CAN_BE_ANYTHING#
    Per la riabilitazione uso questo, http://www.erickson.it/Libri/Pagine/Scheda-Libro.aspx?ItemId=37009&arg=674 che comincia ad essere inadeguato dopo le elementari. Ovviamente se uno lo compra, poi non è che applica la terapia, vale il principio “non provateci a casa”, come Jackass, ma la premessa teorica è molto ok. Di divulgativo non c’è molto, pensandoci. Tieni conto che io non applico la terapia cognitivo comportamentale, quindi il manuale è carino, ma poi condivido il metodo fino a un certo punto. Tuttavia il disturbo è descritto bene.

  6. Ciao Barbara,
    siete in ottima e abbondante compagnia… mio figlio 16enne , certificato l’anno scorso in II superiore per DSA lieve e disturbo dell’attenzione, ma nella forma disattenta. Essendo lui grande, niente farmaco. Il neuropsich. ha detto che è sia ereditario sia legato al basso peso alla nascita (1430 gr., anche se ora ha ben che recuperato).
    Comunque: al liceo c’è arrivato, ogni anno col debito a settembre, ma va molto molto bene così.
    Saluti,
    Paola

    1. Grazie Paola, ma infatti come dice la psicologa che ha seguito il bambino dei miei amici: tocca vedere se ti crea problemi di funzionamento e in che ambito. Se ne crea, si interviene ad hoc, sennò uno in fondo se lo tiene.

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