“Ik voel me senang – mi sento senang” risposi una volta incautamente a Maschio Alfa per dirgli che mi sentivo bene a proposito di qualcosa, ma proprio relaxed, come un pisello nel suo baccello.
“E ti sei proprio integrata, dai” fece lui.
Senang è uno dei tanti termini indonesiani – malesi che si trovano nella lingua olandese. Quando troviamo in giro cose definite Indisch (come i tanti Indische Buurt in giro per le città olandesi), o Indië (come i tanti chinees-Indisch restaurant o Indië monument) o Indo, nei Paesi Bassi non ci riferiamo all’India ma all’Indonesia.
Nederlands-Indië o brevemente Indië ( ma anche Hindia-Belanda in malese e nel vecchio spelling: Nederlandsch-Indië) è stata per secoli una colonia olandese che dopo l’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale (e i famigerati jappenkampen, i campi di concentramento giapponesi) nel 1945 proclamò l’indipendenza a cui seguì una sanguinosa guerra di indipendenza terminata nel 1949 quando il governo dei Paesi Bassi riconobbe l’indipendenza del paese. Che adesso si chiama Repubblica dell’Indonesia. Negli anni successivi moltissimi Indonesiani di origine olandese furono costretti al rimpatrio nei Paesi Bassi a causa del clima ostile nell’arcipelago.
Me lo raccontava Dore Mulder, un’artista del Drenthe con cui anni fa ci scambiavamo lezioni di italiano e acquarello. Lei venne rimandata dai genitori, il padre era pastore protestante, inizialmente presso parenti vicino alla Frisia e per lei fu uno shock enorme. “Io ero una bambina dei tropici,” diceva, “e questi miei parenti, per quanto brave persone, proprio non riuscivano a rendersi conto di come mi sentissi buttata così in un paesello del nord”.
In olandese troviamo un’ampia produzione letteraria riferita all’Indonesia e anche da quella si sono diffuse molte parole ed espressioni.. Le opere più famose, molte fanno proprio parte del canone che si studia(va) a scuola sono: Max Havelaar (1860) dello scrittore Multatuli, Stille Kracht (1900) di Louis Couperus, Oeroeg (1948) e Sleuteloog (2002) di Hella S. Haasse. Una scrittrice dimenticata è Maria Dermoût De tienduizend dingen (1955). Poi Aya Zikken con Atlasvlinder (1958) e più recente Indische Duinen (1994) di Adriaan van Dis, a cui seguono Yvon Muskita Snijden en stikken (2008) eSylvia Pessireron con De verzwegen soldaat (2012) e Gesloten koffers (2014).
Non mancano neanche le graphic novels) tra cui quelle del disegnatore fiammingo Michaël Olbrechts che con De allerlaatste tijger (2014) racconta la storia della sua bisnonna a Java. E anche Peter van Dongen, che è molto noto nei Paesi Bassi, con Rampokan Janva e Rampokan Celebes, racconta del periodo dell’ultima guerra coloniale nell’ex Nederlands-Indië.
Ma e le parole indonesiane? anche qui, come già vi raccontavo a proposito del Suriname abbondano i termini culinari, ma non solo. Eccovene qui alcune che conosco persino io.
Intanto chiariamoci che lingua stiamo parlando. Nei Paesi Bassi si usa indifferentemente Maleisch o Indonesisch e in effetti sono due varianti della stessa lingua. Il Bahasa Malesia si parla appunto in Malesia mentre il Bahasa Indonesia si parla nell’arcipelago indonesiano – che ai tempi, se vi dovesse capitare, si chiamava anche la cintura di smeraldo. Quelli di noi che sono cresciuti con i libri di Salgari ambientati in Malesia forse possono riconoscere alcune cose.
Per essere più specifici, i prestiti che risalgono a prima del 1929 si definiscono malesi, mentre quelli successivi sono indonesiani. Questo perché nel 1929 venne dichiarata lingua nazionale il Bahasa Indonesia, cosa confermata nel 1945 nella costituzione, mentre nel 1972 si optò per una riforma dell’ortografia che sancì la definitiva differenza con il malese.
Vedete che molte le conosciamo anche noi in italiano.
bakkeleien soebatten | deriva dal Malese berkelahi, che significa che uno sta lottando. Originariamente i marinai olandesi ci definivano proprio le scazzottate fisiche, ma col tempo il significato è passato alle liti verbali. In fondo anche noi abbiamo il termine baccagliare per indicare gente che litiga gridandosi addosso. Soebatten inizialmente era il supplicare qualcuno chiamandolo: amico = subat, ma è passato al litigare |
banjeren | fare avanti e indrè, passeggiare. Dal dialetto di Amsterdam è passato all’olandese |
amper | appena appena. Forse deriva da hampir. Il termine con questo significato si ritrova anche nell’Afrikaans e nella parlata dei marinai, cosa che sembra indicare l’origine coloniale |
Dat is niet mijn pakkie-an | ‘non è una mia responsabilità, non è cosa mia’. Da bagian = compito, incarico, responsabilità |
gladjakker | una persona infida, cattiva, furba. Da geladak, una parola Malese per cane randagio. Per associazione con il termine olandese già esistente gladjanus si è arrivati a gladjakker |
branie | coraggio, cazzimma. Si usa spesso come sfida, dimostrare di avere le palle di fare qalcosa (sempre tra militari e marinai che lo hanno introdotto). Branieschopper indica una persona che crea casini, che cerca guai |
goeroe | queto ce l’abbiamo anche noi, il guru nel senso di maestro, ma che indicava appunto i maestri religiosi indigeni. |
babi pangang/babi ketjap | ve lo ricordate il babirussa di Salgari, che lui indicava come una specie di maiale selvatico? ecco, questo è un tipico piatto indonesiano a base di maiale, che io adoro, ma ho imparato ad ordinarlo dai cinesi, che gli Indo’s in genere sono musulmani e quindi anche se lo chiamano maiale lo cucinano con pollo, in genere, e scusate, ma se mi togliete il maiale dal babi pangang, e che ci rimane da mangiare? Un’altra cosa che adoro è il babi ketjap, che è la pancetta croccante cotta in salsa di soia. Quando ero più giovane era il mio tipico piatto consolatorio durante il ciclo (oh, e c’è chi mangia cioccolata e chi mangia pancetta). |
piekeren | rimuginare, non trovare pace perchè continuiamo a pensare a qualcosa di fastidioso. Da pikir, che a sua volta è imparentata/deriva dall’arabo fikr |
pienter | furbo, abile, da pintar o (a giava) pienter |
ketjap | la famosa salsa di soia agrodolce indonesiana. |
tabee | un saluto, arrivederci |
amok | esiste anche in inglese, una gran confusione, rissa, disordini di piazza |
klamboe | la zanzariera di garza, ne trovate quante ne volete in negozi tipo Xenos, Kwantum ecc. |
sambal | la ‘nduja vegetariana, una pasta piccante di peperoncini che si usa per condire |
saté | spiedino. In genere di pollo, servito con pindasaus, la salsa di arachidi |
nasi/bami | abbreviazione di nasi goreng, riso ripassato in padella con verdure, carne, gli avanzi di cucina, insomma. Il bami o mie invece sono delle tagliatelline, condite ripassate in padella allo stesso modo. Entrambi accompagnano altri piatti di verdure o stufati di carne/pescegamberi |
pisang | banana. Essere un pisang, significa che sei lo scemo di turno, il sotto, quello che viene imbrogliato. Alla lettera invece lo si ritrova nel liquore Ambon Pisang. |
orang oetan | l’orango, che è appunto bestia locale e anche in italiano diciamo orangutango |
kroepoek | i cracker di gamberetti che accompagnano i piatti della tradizione |
mango | il mango, ce l’abbiamo pure noi |
jonk | l’imbarcazione cinese che anche noi chiamiamo giunca, dal malese djong |
prauw | l’imbarcazione che Salgari ci ha insegnato a chiamare praho |
sago | è l’amido ricavato dalla palma sago |
tank | serbatoio dell’acqua (si, anche in inglese si chiama così) |
lorre | il nome di un tipo di pappagallo, in genere Lora è un nome tipico per chi li tiene come animali domestici |
koelie | il coolie, colui che trasporta i carichi pesanti |
sarong | il tipico abbigliamento composto da un tubo (sarung) di stoffa ‘huls’ of ‘ko |
passagieren | è un verbo che non ha a che fare con i passeggeri, ma con la discesa a terra dei marinai. Dal malese pesisir che si riferisce alle spiagge a nord di Giava |
rimboe | foresta selvaggia, ma anche luogo remoto. Hij is in de rimboe gaan wonen, i nostri amici veneti potrebbero tradurlo come: è andato ad abitare in tanta mona |
tang | donna cattiva, strega, bisbetica |
toko | semplicemente negozio, nell’originale, probabilmente derivato dal cinese Hokkien thô-khò (in mandarino tŭkù), che sta per magazzino, deposito interrato. Oppure a Giava toekoe = comprare. In olandese si usa pr definire i negozi etnici in generale. Ma quando vicino casa mia aprì una nuova farmacia con proprietari cinesi, ci beccai una signora anziana, probabilmente Indo anche lei, che li felicitava dicendo: ma che bel toko che avete aperto. |
loempia | i celeberrimi involtini primavera fritti che si vendono nelle bancarelle ai mercati |
tempo doeloe | attraverso il portoghese, dal latino la parte per tempo, mentre dal Malese dehoeloe = una volta, prima. Insieme indica i bei tempi andati (guardate che per tutti gli indo-olandesi costretti ad andarsene il trauma del paradiso perduto lo si ritrova anche in cose del genere. Comunque era il titolo di uno dei libri che ho indicato sopra |
bazar | ma voi lo sapevate che la famosa festa indonesiana nei Paesi Bassi, il Pasar Malam ha a che fare con la parola bazaar? In malese ci arriva dal persiano, e pasar malam è il nome dei mercati notturni tipici dell’Asia e da lì a bazaar nel senso di mercato, evento, è un attimo |
oorlam | è una parola per “bicchierino” di qualcosa di forte.Viene orang lama: un uomo vecchio (o vecchio beone). Io conoscevo solo l’abbreviazione lam = ubriaco, anche lamzat |
senang | felice, contento, comodo, piacevole. Ma ve lo avevo già detto |
sinjo | assomiglia in modo sospetto al nostro signò dell’Italia del sud. Infatti viene dal malese sinyo, un prestito dal portoghese, per indicare un giovin signore di sangue misto |
totok | serve a indicare un olandese che non ha sandue indonesiano, ma inizialmente indicava gli immigrati cinesi in Indonesia. In senso negativo si usava per i nuovi arrivati, che non sapevano adeguarsi e non capivano nulla delle usanze locali |
kongsi/kongsie | ditta, associazione firma, club. dal nome delle associazioni minerarie cinesi Kongsi inizialmente indicava il direttivo di queste società. Da kong = pubblico e ssi o sse ‘direttivo. Insomma anche per indicare cricca, umma umma, queste società un pelino sospette |
soesa | un gran casino, dal libro di Multatuli |