Che cosa c’ entrano le monache di casa (nello specifico la mia santa prozia Filomena) con i sex-shop? Eh, la lunga marcia per l’ emancipazione sessuale di una vergine per predestinazione poi mancata (grazie maschio alfa, adesso posso passare alle agiografie semplicemente come martire) passa anche per quello.
Intanto della parte seria ne parlo oggi su Genitori Crescono che come sempre ringrazio per l’ apprezzamento e le fantastiche riunioni di redazione dal vivo e su Facebook (la vera emancipazione della madre di famiglia nasce su Facebook, pensiamoci, e manco vi posso dire di che gruppi chiusi faccio parte, di cosa si parla e delle derive che ne susseguono, quelli che sostengono che Facebook sia una fabbrica di divorzi e corna si stanno perdendo il meglio del mezzo, grazie Zuck, adesso per la pubblicità gratis non dico che ti devo mandare una fattura, ma un pranzo a Roma nel tuo posto preferito me lo offri? Anche senza la tua presenza, so che hai poco tempo, ci facciamo la prossima riunione blogger capitolini united e ti penseremo caramente).
Comunque vi linko un po’ di cose: sul link tra pavimento pelvico scassato ed incontinenza vi dico meglio qui, compreso il rimedio che funziona senza sforzarsi troppo.
Per fortuna tra i commenti su Genitori Crescono un’ ostetrica, Raffaella, conferma che il regalo più utile per la neomamma, ovvero le mie tanto decantate palline vaginali per aiutare a ripristinare la muscolatura pelvica volontaria e soprattutto involontaria, si vendono anche in un loro centro per neomadri, non solo nei sex-shop. che uno scrive sex-shop e la gente chissà cosa si crede, mentre invece magari nel frattempo stanno diventando più mainstream di quanto si credesse prima, ma immagino che un sacco di gente che conosco non si sentirebbe a proprio agio ad andarci, a meno di non avere una scusa.
Per me questa scusa è stato il trovarobato teatrale (“Scusi, ci occorrerebbe una frusta” “Da domatore o da fantino?” che il o la commessa di sex-shop non si scompone mai, siamo noi che ci vergogniamo a parlarci, ma loro hanno visto di tutto, vuoi che si scompongano? Per la cronaca, abbiamo preso quella da fantino perché costava di meno). Comunque ve lo avevo già raccontato qui.
È vero anche che conosco pure un mucchio di gente che non solo non si fa problemi, ma mi hanno pure presa in giro quando ho riferito del mio progetto di giornalismo partecipativo, ovvero mappare un po’ di sex-shop ad Amsterdam per categorie.
“Ma daaaaaai, ma cosa vuoi che siano oraaaa, una volta, una volta si, quando c’ erano le cabine, che la gente si incontrava, tutti questi maschi omo ed etero” e sinceramente ci credo assai. Perché dal momento in cui tutto quello che ha a che fare con il sesso e lo shop ha cominicato ad uscire dalla sfera di nicchia, in qualche modo se ne trova di meno in giro. Un po’ credo, come dicono in molti: prima di sesso si parlava poco, ma forse se ne faceva molto di più, adesso che basta collegarsi e trovare tutto il porno che vogliamo, forse ne facciamo di meno.
Questo sicuramente ad Amsterdam, un caso esemplare è la chiusura del Cinema Venus, uno storico cinema nel quartiere a luci rosse che dagli anni ’70 era il refugium peccatorum degli amanti del genere e che fino a un paio di anni fa continuava a proporre film vintage. Chiuso, come un terzo delle vetrine nel quartiere a luci rosse per far spazio a ristoranti, caffè e boutique.
Ma anche quel negozio così caruccio, Iloveyou, che in mezzo a tutti i sex-shop trucidi del quartiere a luci rosse, quelli che quando ci passi fai un giro largo, cioè lo faccio io perché già le vetrine mi fanno impressione, e invece a rigore Iloveyou non era manco un sex-shop, piuttosto un negozio di articoli per feste, costumi, regalini di addio al celibato/nubilato. Ecco, scomparso, al suo posto c’ è un posto orrendo di souvenir pacchiani.
Insomma, per essere una che non li frequenta direi che di sex-shop e simili nella vita ho scritto abbastanza, allora vi ripropongo anche questa iniziativa, di cui poi non si è saputo più nulla, altro che monumento, ma come lancio del primo negozio fisico di quello che era un negozio di spedizioni postali ha funzionato direi.
Povera zia Filomena, se sapesse che brutta fine ho fatto.