Passo una di queste mattine davanti al Lloyd Hotel mentre porto Ennio a scuola, e guardando verso il molo vedo il vuoto: mi hanno tolto il Love Inn.

In questo paese quando vedi roba in giro che ti viene il dubbio se stia lì perché deve passare la nettezza o si tratti di altro, la cosa è certa: si tratta di arte messa lì per il godimento e l’elevazione spirituale dei passanti (perché se invece di dubbio hai la CERTEZZA che sia monnezza e la sola cosa che devi decidere è se vale la pena di guardare se ci sia del riciclabile o no, allora in effetti sta solo aspettando il camion della spazzatura).

Quindi un po’ di mesi fa, mentre facevo la fila al mio bancomat vedo un’Opel Kadett tutta dipinta allegra, a 4,5 metri di altezza su pali, con una scaletta antincendio per salirci e un’insegna al neon con su Love Inn, e ho saputo con certezza che si trattava di un’opera, un happening, un’installazione, un intervento sul paesaggio, una di quelle robe che mia madre ancora si esalta/incazza quando viene qui e le vede. Vado sotto, la ispeziono dal basso e vedo che non ha motore, assi, albero a camme, niente. Opera d’arte ragionata, non c’è che dire. Non essendoci salita, non sapevo che dentro ci fosse un letto rifatto di fresco.

Nei mesi che è stata sul molo non ci ho mai visto qualcuno salire o scendere, ma pare ci fosse la fila. Si trattava, secondo le intenzioni, di mettere insieme il mezzo su cui si consuma più aggressività in questo paese (guidano incazzati, stateci attenti) con il concetto di volemose bene. Ma pare ci scopassero davvero, comunque i pali di sostegno erano a tall’uopo predisposti.

L’artista è Federico d’Orazio, e mi piacerebbe tanto sapere che fine ha fatto, insieme alla sua kadett.

A tutte le cose belle giunge una fine.

Morale della favola: in questo quartiere se non paghi il parcheggio ti portano via proprio la macchina da sotto agli occhi. anche se è un’opera d’arte. E io che pensavo che la macchina come Love Inn fosse il rifugio degli amanti solo in quei paesi sottosviluppati dove vivere da soli è uno stigma, e dove a furia di pagare cellulari, scarpe firmate, vespe e macchinoni nessuno riesce più a mettere insieme un mutuo. Per avere un po’ di privacy fra 4 mura.

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