A che servono le vacanze scolastiche? A far riposare i poveri genitori esausti. A parte un mese e mezzo di lavoro matto e disperatissimo, compreso il capo che oltre al suo di lavoro doveva sistemare tutta la mia amministrazione, siamo riusciti a dispensare Ennio dall’ultimo giorno di scuola, così i nonni li hanno prelevati di giovedi, e venerdi mattina siamo partiti per Newcastle. Soli.

Come al solito, non è mai una vacanza rilassante, la nostra, c’è sempre il trucco. Stavolta era la visita troppo a lungo rimandata a Harry, prof del capo a suo tempo, che da quando è andato in pensione nel nord dell’Inghilterra sono anni che ci invita. A gennaio ha anche perso la moglie e a questo punto abbiamo capito che non si poteva proprio più rimandare.

Il loro ideale, mi dicevano, era un cittadina inglese con una cattedrale e un’università, così che entrambi potessero ancora tenersi in contatto con la vita professionale. Trovare l’hanno trovata e hanno anche comprato questa casa bellissima con vista sulla cattedrale. Una casa piena dei loro libri, purtroppo molti ancora inscatolati, della loro collezione d’arte, con un bellissimo giardino e una cucina con forno AGA. Praticamente in centro.

Quindi noi ci siamo goduti la cucina, e i libri e il centro a portata di mano, abbiamo dormito moltissimo, ho cucinato sull’AGA e ne sono completamente innamorata, e ho scoperto formaggetti interessanti nel mercato coperto in piazza.

Il povero Harry, niente di tutto questo: un paio di settimane prima del nostro arrivo è stato ricoverato d’urgenza in una casa di riposo perché fondamentalmente non era più in grado di badare a sé stesso. Siamo andati a trovarlo tutti i giorni, portandogli robine da mangiare che gli piacessero (ci abbiamo messo tre giorni a comprargli i cristalli di sale Maldon) e scocciando tutto il personale. Il giorno in cui siamo partiti avevano deciso di ricoverarlo in ospedale per seguirlo meglio, cosa che mi ha sollevata, perché nonostante fossero carini e solleciti, la casa di riposo in sé era una cosa terrificante.

Il tutto mi ha costretto a pensare a quanti limiti ti ponga la vita nel momento in cui non sei più autosufficiente, ma soprattutto mobile (un assaggio lo avevo avuto con la tremenda storta alla caviglia quando ero incinta, tutti i tuoi tempi, percorsi e movimenti mutano radicalmente, che so, non puoi correre al bagno se hai un’urgenza, veramente cose a un livello molto basale, non puoi dire: faccio un salto a prendere il latte, che nel mio caso sono tre km. tra andata e ritorno, cose così). Diventare anziani e dipendenti è davvero una riduzione troppo rapida di tutte le cose piacevoli che puoi fare. Ti rimane molto poco, purtroppo. Cosa sarebbe di me il giorno che non riuscissi più a leggere? (Mi darei alla radio, probabilmente).

Però siamo riusciti a parlare con lui, e tutti e tre eravamo felici della visita, infatti vorremmo tornarci presto, magari un weekend lungo se il capo ha ancora ferie.

Per il resto: shop till you drop. Tutti parlano male della cucina inglese, che invece ha tanti lati positivi. Ho scoperto che mi manca tanto il Marks&Spencer che una volta era ad Amsterdam. Già prima di partire avevo ordini dalla Tanga (e me stessa) per il reparto biancheria, che è una cosa splendida e utilissima. Solo che il M&S locale era piccolo, non aveva molto e mi sono rifatta con il cibo. Steak&kidney pudding, Pies di tutti i tipi (raccomando: haddock pie), le salsiccette e il bacon per colazione (bacon toast tutti i giorni, meno male che cercavo di smettere con il maiale), beetroot salad e poi tutti i dolcini buoni che hanno.

Sicuramente generalizzo, ma la differenza che mi salta all’occhio con l’Olanda, semplicemente guardando tra gli scaffali di un normale supermercato, è che gli inglesi apprezzano il cibo e gli sforzi che ci vogliono per goderselo, anche se magari mangiano roba che ti si accumula tutta sulle chiappe. Qui nei Paesi Bassi invece hanno tutti l’idea che sia buono abbastanza tutto quello che costa poco, e che se davvero vuoi strafare, basta che costi un sacco. (Un po’ confuso ma ci siamo capiti, no?)

Diciamo che quello che mi colpisce da un paio d’anni è che chiunque scriva di cibo in Inghilterra, porti molto avanti il discorso dei prodotti locali, delle uova e della carne ‘ruspante’, dei piccoli produttori di verdure particolari che devono lottare contro il potere delle grandi catene di supermercati. Questa visione ecologica del cibo, basata sui sapori da riscoprire.

Se poi vedo che in effetti i piccoli negozi di specialità ci sono ancora e che le stesse grandi catene ci tengano a produrre in modo responsabile ed ecologico, mi viene il dubbio che non si tratti solo di una speculazione accademica ma di un punto di vista, indotto o meno, a cui i consumatori sono sensibili. Tanto tutto è pubblicità e un punto di vista originale e genuino è difficile formarselo, però se devo scegliere tra iperconsumo di latticini incoraggiato da denaro pubblico per giustificare le quote di un’industria alimentare ‘di plastica’, quando tutte le ricerche alimentari e il buon senso ti dicono che tutto quel latte a un adulto forse non è poi necessario, e un produttore che crede nella pesca sostenibile, preferisco il secondo. Che però, dove vivo, non si trova.

Oltre al cibo, vestiti. Le due cose sono molto collegate, perché il bello dell’UK è che grazie alle culone precoci che hanno, quasi tutte le catene di vestiti hanno taglie grandi, anche quelle per ragazzine. Sulla sanità sociale di questo fenomeno mi astengo da commenti, egoisticamente sono felice per me, esattamente come altri sono felici di spendere poco per il cibo che mangiano.

Insomma, cosa volete di più da una mammamsterdam? Quando ho parlato di bambini, cibo e vestiti sono contenta e non mi serve altro dalla vita. altro che i discorsi di politiche alimentari. Meglio che vada a sgranocchiarmi un cracker al formaggio, va.

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