Set van 4 op 30-07-15 om 14.51 #4L’appendicite è la classica mina vagante che se ti potrebbe venire, non la puoi prevedere o prevenire, mi dicono.  Però quando poi mi è toccata è stata un’occasione d’oro per riflettere, a posteriori, su alcuni lati del mio carattere con cui mi complico inutilmente la vita e che da allora ho cercato di migliorare.

E io non avendola fatta fino alla tenera età di 47 anni, ho creato non pochi patemi a Santasuocera il periodo in cui ero illegale nei Paesi Bassi. Illegale io? Si, ma non per colpa mia, era il sistema.

Diciamo che quando mi sono laureata prima di Maschio Alfa e sono venuta a vivere qui non c’ erano i social media, e pure Internet lo conosceva giusto qualche nerd come Maschio Alfa e i suoi compari. Per avere informazioni precise, quindi, si faceva fatica. Io per sentito dire sapevo che come cittadina italiana in fondo non mi serviva un permesso di soggiorno o un permesso di lavoro, ma la polizia stranieri si guardava bene dal dirtelo spontaneamente, e anzi, mi complicava inutilmente la vita per un permesso di soggiorno che richiedeva tanti di quei requisiti che ci mettevamo sei mesi  farlo e poi scadeva due mesi dopo perché secondo loro faceva fede la data della prima richiesta, non il momento in cui finalmente si degnavano di darmelo. E potevamo ricominciare. Fino a che non sono venuta ad Amsterdam e me l’ hanno fatto in 20 minuti per un errore del sistema.

Insomma a un certo punto cambiarono l’ entità della somma mensile di cui dovevamo disporre per permettermi di stare qui e a noi i soldi non bastavano, sulla carta, quindi io automaticamente diventai illegale. Maschio Alfa studiava fuori corso e non prendeva più la borsa di studio, io facevo lavoretti di poche ore alla settimana, che vivessimo dei risparmi, e quindi non saremmo morti di fame, non valeva ai fini della registrazione, e pace. Ebbimo la buonafede di chiedere se sposarci avrebbe risposto il problema e da allora la polizia si deve essere segnata sul dossier che pensavamo di fare un matrimonio finto per farmi restare in Olanda. All’anniversario dei tre anni, quelli che mi sarebbero bastati per prendere in proprio il passaporto, volevo quasi mandare una partecipazione alla Polizia stranieri di Groningen con il testo: “sposati da tre anni e felici come il primo giorno, grazie per la collaborazione nel coronare il nostro sogno”, poi il Maschio mi sconsigliò per paura di dover ricominciare a giustificare ogni nostro respiro con quelli lì.

Senza permesso di soggiorno, niente assicurazione sanitaria. Senza assicurazione sanitaria olandese, mia suocera che è medico e conosce il sistema da dentro, stava sempre col patema che anche per una sciocchezza mi avrebbero dovuto ricoverare e ci sarebbe toccato pagare tutta la botta di spese di intervento, che se hai sfiga possono ammontare a migliaia di euro. Il fatto che fossi coperta dal famoso modulo europeo della mia ASL di appartenenza non la tranquillizzava abbastanza. Insomma, l’esempio principe era: e se ti viene l’appendicite e ti devono operare d’ urgenza? Ecco, per me l’appendicite era questa cosa qui. Poi è diventata una lezione di vita, che non voglio negare neanche a voi, che magari ci siete arrivati da soli.

Maledetta sindrome di Wonderwoman: le lezioni

Lezione 1: affidarsi ai bambini

Una mattina, dopo alcune ore al telefono con vari centralini di uffici imposte, assicurazioni e altra gente specializzata nel farti venire travasi di bile, improvvisamente mi vennero dolori alla schiena tremendi, mal di stomaco e brividi di freddo. Tre giorni dopo saremmo partiti per le vacanze. “Cazzo, l’influenza o i troppi caffè mischiati alle incazzature”, pensai. Mi misi a letto come corpo morto cade e per tutto il pomeriggio figlio 2 mi faceva tazzone di tisana che mi raffreddava con l’ aggiunta di acqua fredda, come faccio io con lui, e figlio uno me le portva in camera, controllava che le bevessi, e riportava giù le tazze.  Cavolo, smisero immediatamente di litigare. Il povero Maschio alfa che doveva chiudere un progetto prima delle vacanze quella sera sarebbe tornato tardi e il giorno dopo sarebbe uscito alle 6 per andare al lavoro. Chiamai mio fratello per chiedergli di dare un’ occhiata e far mangiare i bambini e continuai a soffrire sotto 3 piumini (era luglio).

Lezione 2: quando stai veramente male vuoi stare da sola (ma non sempre è una buona idea)

(Il consiglio è di avvertire di venirti a controllare di tanto in tanto, per salvarti da te stessa). All’arrivo degli adulti di casa io avevo cominciato ad espellere in tutti i modi le tisane ingerite e a costringermi a bere a sorsetti piccoli per non disidratarmi. Decidemmo che avrei dormito in camera del figlio più vicino al bagno. Non avevo febbre, avevo sempre i dolori alla schiena tipo coliche e non trattenevo niente. Influenza intestinale, che altro?

Lezione 3: dai retta alla tua mamma

Veramente il pomeriggio precedente mia madre al telefono, resa edotta del malessere aveva iniziato a dire: è appendicite, vai a farti vedere. Ma siccome da ventanni a ogni mal di pancia mia madre ipotizza l’appendicite, non ci avevamo fatto caso. Male. La mamma ha sempre ragione, anche quando si fa i film.

Lezione 4: chiama la guardia medica se non ti fidi di tua mamma

A un certo punto della notte, quando mi appisolavo dopo aver vomitato e mi risvegliavo poco dopo per via di una colica pensai: ma questo è peggio delle doglie. A quel punto mi venne il dubbio, lieve, che forse mia madre aveva ragione. Ma la febbre non l’ avevo, i dolori erano sempre alla schiena, magari era un calcolo. Mi decisi alle 5 e mezza del mattino a chiamare la guardia medica: “Buongiorno, scusi, non sto proprio bene, ma non ho febbre e non capisco i sintomi e non so se convenga che aspetti che apra il mio medico o intanto mi consigliate voi”. “Venga subito a farsi vedere”.

Lezione 5: smetti di pensare al posto degli altri

Maschio Alfa entro mezzora doveva affrontare l’ ultima giornata campale al lavoro. Chiamai mio fratello, l’unica persona che mi sentivo di poter svegliare all’alba, avvertendolo di passare a badare ai bambini che io andavo al pronto soccorso. Tanto aveva le chiavi. In 15 minuti era lì, considerando che da casa sua ce ne vogliono 12 di strada.

Svegliai Maschio Alfa comunicandogli il mio piano: “Io vado in taxi al pronto soccorso, tu fai tranquillamente le tue cose, mio fratello sta per arrivare e a reggere il forte ci pensa lui”. Maschio Alfa notoriamente è uno che ha bisogno di un caffè e 15 minuti la mattina prima di ragionare lucidamente, ma tocca riconoscergli che nelle emergenze in mezzo secondo è allerta e operativo. “Col cavolo, in ospedale ti porto io e al lavoro faranno a meno di me per il primo paio d’ore”.

Lezione 5: tutto è rimandabile

Quel giorno Maschio Alfa chiamò il lavoro alcune volte: “Arrivo alle 10”. “Arrivo verso le 13”. “Operano Barbara d’urgenza. dimenticatemi”. Il progetto, con qualche telefonata estemporanea, si è concluso senza di lui.

Lezione 6: nomina le tue paure e agisci di conseguenza

Alle 7 in guardia medica, il medico non ne veniva fuori e prima di smontare mi manda a fare le analisi che il laboratorio aveva appena aperto. Poi a casa. Alle 11 il mio medico di famiglia a cui erano arrivati i risultati, ci chiama per farci passare, ipotizza o calcolo o appendicite atipica e mi manda a fare l’ecografia in ospedale. Alle 13 l’ ecografo dice che si, vado operata. Non d’ urgenza, ma dopo le 18 appena si liberava una sala operatoria. Io in quel momento, grazie all’ antidolorifico che mi avevano dato appena rientrata in ospedale per l’ eco, ero sul lettino del pronto soccorso, con la copertina addosso che il portantino adorabile mi aveva messo prima di andare a fare un caffè al Maschio che era provato. Ci avevano appena spiegato l’operazione e io ero felice e beata che finalmente stava per finire tutto. Poi vedo la faccia di Maschio Alfa.

“Ma che c’è, mica ti starai preoccupando? Laparoscopia, l’operazione più di routine che esista, dai che andrà benissimo”.

“No, lo so, va tutto bene. Solo che stavo pensando a Bambi”. Oddio, questo si vede già vedovo con due bambini piccoli. Povera stella. Ci tranquillizziamo. Solo che poi ha voluto a tutti i costi andare a recuperare i bambini e farmeli salutare prima dell’ operazione e ovviamente uno era andato a nuotare dagli amici e non voleva venire, l’ altro si era sparato una maratona di video su Youtube e non voleva mollare, e lo hanno fatto penare.

Orso che è lo scientifico di famiglia nel frattempo si era documentato: “Mamma per operarti possono fare in tre modi: primo, ti fanno un taglio, secondo, ti fanno tre buchi, e terzo, non me lo ricordo”. Detto col tono di Cesare che fa: Gallia divisa est in partes tres. Tranquillizzata mi riabbiocco, mentre maschio alfa concorda con i suoi che appena mi dimettono lui va a scaricargli i figli così non mi molestano mentre mi riprendo.

Lezione 7: si, sarai Wonderwoman ma il mondo può fare a meno di te. E tu di lui

Quel giorno avevo due scadenza di lavoro, una per gente che non mi pagava da 3 anni. Le ho buttate a mare senza conseguenze e poi ai quelli che non pagavano ho minacciato di avventargli il recupero crediti. Oltre che dell’appendicite mi sono sbarazzata anche di un peso morto di cliente. Sto molto meglio senza di loro nella mia vita.

Lezione 8: dormici sopra

La mattina alle 11 dopo l’operazione della sera prima mi hanno dimessa. Ho approfittato dei postumi dell’anestesia e degli antidolorifici per dormire 3 giorni di seguito, svegliandomi ogni tanto per bere e andare al bagno. Poi abbiamo cambiato il piano delle vacanze e siamo partiti senza passaporto. Per fortuna c’ è Schengen.

Conclusione

Inutile aspettare di avere l’appendicite. Da molte cose ci si può sganciare prima. Basta ricordarselo di tanto in tanto. Io quanto prima mi ci ricamo un quadretto a punto croce di questi otto punti e me lo appendo in cucina.

11 comments

  1. Sei sempre un mito, uno dei pochi blog storici che di quando in quando spunta nei mie feed e ti fa ricordare il piacere di leggere quella bella blogosfera di una volta che oggi internette non è più quello d’una volta signora mia!

    Buona giornata.

  2. É verissimo! Devo imparare anche io a “mollarci”! Mi hai fattomorire dal ridere alla fine! Forse la gente che non conosce l’Olanda non capisce come il quadretto al punto croce sia per gli olandesi una cosa catartica!Viva il quadretto in cucina!
    Lallalella

    1. che poi io mica so ricamare, ma magari è catartico anche impararlo :-). Lo dirò a Scialba della Zozza se me lo ricama lei, che ne sa

    1. ma che è, il weekend delle rimpatriate? che bello sentirti e grazie per gli auguri, ho dimenticato di dire che è stato un anno e mezzo fa e adesso sto da dio

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