Molta mia educazione sentimentale adolescenziale è passata per Cosmopolitan, che mia madre comprava per riprendersi dalle fatiche quotidiane guardando belle foto e leggendo di mondi possibili, con il disincanto di chi sta comunque bene nel mondo che si è fatta da sé. All’epoca non avevamo i social network, capiteci e poi come molte riviste cosiddette femminili, in quel periodo molte erano davvero interessanti e avevano bravi collaboratori. A un certo punto Cosmopolitan, come Cento Cose, o anche il Donna Moderna degli inizi, iniziarono a banalizzarsi e io smisi di leggere riviste. Da adulta in Olanda scoprii Opzij, che è la rivista storica femminista e prima di scocciarmi per il perenne tono acido dell’ ex-caporedattrice, comunque apprezzavo che mi ricordasse come temi e contenuti le belle riviste formative della mia adolescenza. Peccato che su Opzij mancassero le rubriche Moda&Beauty, che anche quello fa, signora mia.
L’unica cosa che mi lasciava perplessa dei messaggi del femminismo da rivista è sempre stata l’automatica connessione tra liberazione sessuale e emancipazione femminile. La donna femminista, emancipata e liberata scopa a prescindere e senza sensi di colpa o stigmi. Be, anche no. Io a 12 anni ero convinta che è una scelta anche quella e che ribaltare un pregiudizio sociale con un altro, uno stigma con un altro, non è che ci portasse molto avanti con il discorso. Ci sono tanti femminismi e tra quelli bacchettoni e quelli sul diritto al piacere sono sicuramente per i secondi, ma il nodo di tutte le liberazioni resta secondo me quello sul creare possibilità di scelta. Ma qualcosa dissi qui e per il resto ci torno sopra un’ altra volta.
Tornando a Cosmopolitan è a quell’epoca che risale la mia conoscenza con gli scritti di Lidia Ravera che ci teneva una rubrica, e di cui apprezzavo l’ironia, il disincanto e l’ apertura nei confronti del mondo e delle persone. Ravera in Italia è diventata famosa per aver scritto Porci con le ali a quattro mani con Marco Lombardo Radice, e, cito a memoria, parlando delle differenze di percezioni legate al genere, disse che a suo tempo chi leggeva il libro di lui diceva: “ma guarda quant’è simpatico” e di lei invece: “ma guarda quant’è puttana”. Ma io che ero giovane mi annoiai parecchio a leggerlo e lo piantai lì, perché evidentemente leggere Cosmopolitan già mi aveva educata abbastanza, mentre sempre di Ravera la mia bibbia adolescenziale fu: Bagna i fiori e aspettami, diciamo il Piccole Donne annesso thriller di noi adolescenti degli anni Ottanta.
Perché tiro fuori queste cose? Perché pur essendo fuori dal mondo ultimamente, che qui sono ricominciate le scuole, ovvero l’ anno lavorativo, e io invece ancora non mi sento pronta a rientrare nel turbine, una notizia en passant che mi ha colta è stata quella della scoperta del cosiddetto Viagra Rosa, una pillola di forse prossima commercializzazione che a differenza del Viagra azzurro non agisce sui vasi sanguigni, che noi magari ce ne facciamo ben poco rispetto ai maschi, ma sulla libido.
Ormoni, libido e ADHD
E questo mi si è allacciato benissimo a una cosa che stavo leggendo qualche mese fa sulla mia bibbia sull’ ADHD nelle donne adulte, e di cui avevo parlato con il mio medico di famiglia (che mi dispiace per tutti gli italiani in Olanda che sui social si lamentano del sistema sanitario olandese e dei loro medici di famiglia, io ne ho una fantastica e consiglio a tutti, se non si trovano o non riescono a spiegarsi con i loro, di cercarne un’altro con cui si trovano meglio, fine digressione medico-sanitaria).
Detto in soldoni, anche qui cito a memoria, avere l’ADHD non significa soltanto che uno ha un sistema nervoso che funziona a modo suo e che talvolta ci impiccia nel quotidiano, ma che anche i livelli di estrogeni nelle donne ne possono venire influenzati.
Detto ancora più vergognosamente in soldoni e sempre citando a memoria, per cui magari mi ricordo male io, gli ADHD’er da un lato li frega l’impulsività e spesso e volentieri da giovani hanno una vita sessuale un filino entusiasta e selvaggia perché prima si buttano e poi pensano. Magari dopo rese più riflessive dall’età e dalle eventuali batoste rischiano, sempre le donne, di vergognarsi terribilmente di quello che hanno fatto, anche perché diciamocelo serenamente, di rado è il puro godimento sessuale la spinta a lanciarsi in avventure impulsive, quello che veramente ti fa fare le cazzate è la promessa di avventura ed eventuale godimento che una situazione ti può procurare, poi la mattina dopo ti dici: “ma chi accidenti me l’ha fatto fare, che manco era questo granché”. E in più ti puppi lo stigma sociale.
Oltre a questo l’altra cosa interessante del capitolo ‘Sessualità e ADHD” era la parte sulla libido e gli ormoni. Cioè, questi veramente fanno tanto, nel senso che se una ha gli estrogeni bassi (e magari non bassi in generale ma bassi per quello che servono a lei, specifica il libro), hai voglia ad arraparti, non ti viene proprio, anche se lui ci sa fare, è caruccio, lo ami e si sbatte e fa le acrobazie. E questo indipendentemente da quell’altro aspetto dell’ ADHD, ovvero quello che hai comunque 40 televisori accesi in testa ognuno che lancia un programma diverso a un volume diverso e hai voglia a cercare di concentrarti per più di trenta secondi sulla stessa cosa, fosse pure un orgasmo o la promessa dello stesso.
Cioè, avete presente quella storiella ebraica sulla devota sposa che sdraiata sulla schiena nel letto coniugale, nel bel mezzo del processo di santificazione del matrimonio, mentre il marito santifica e suda, lei sospira e fa: “Sai, Moishele, questo soffitto ha proprio bisogno di essere riverniciato”.
Poi una che si lamenta che il marito non ti ascolta mai: ma per fortuna santo cielo, altrimenti sai quanti matrimoni in meno verrebbero santificati? Il segreto della felicità a volte è la sordità selettiva e non provate a convincermi del contrario.
Insomma, gli estrogeni della lady ADHD’er vanno a ramengo e non a caso il periodo di grazia nella vita ce l’abbiamo durante la gravidanza, uno dei pochi fatti in questo post che mi sento di confermare sonoramente, convintamente e pubblicamente, perché come sono stata bene io quando ero incinta, mai.
Che prima di leggerlo nero su bianco lo sapevo perfettamente dalla pratica e infatti per anni ho sostenuto che avrei voluto tanto un terzo bambino, sicuramente perché sapevo che nella nostra famiglia ci sarebbe stato molto bene, ma soprattutto, egoisticamente, per godermi io una nuova gravidanza e un nuovo parto, che per me sono stati dei periodi fantastici. In gravidanza i sintomi più eclatanti dell’ADHD, ovvero mancanza di concentrazione, di focus e di efficienza spesso spariscono e l’ energia che hai non la usi per girare a vuoto e fare danni, ma per concludere qualcosa. E io infatti mi ricordo di essere stata efficientissima, concentratissima e piena di energia per portare avanti tutto quello che i miei personali 40 schermi mi mettevano in testa, e mi andavano pure molto bene. Nulla di strano che io negli ultimi anni mi sia un pochino buttata giù perché continuavo a paragonare quello che facevo in quegli anni con quello che facevo dopo e mi sembrava sempre di fare di meno e peggio e non avere voglia.
Insomma, siccome diventare adulti e avere l’ADHD è faticosissimo e non è che sia proprio una passeggiata di salute nel quotidiano, non a caso molto spesso agli ADHD’er il medico prescrive degli antidepressivi. E lì si è scoperto che ci sono due tipi di antidepressivi per le donne: quelli che gli abbattono la libido e quelli che gliela risollevavano.
Ovviamente dopo attenta e matura riflessione ne ho parlato con il mio medico, ma siccome a me gli antidepressivi non servono, lei mi ha fatto notare che prenderli è un po’ tanto un rimedio da cavallo e magari posso risolvere senza. Che una si dice: in fondo se sei arrivata a quasi 50 anni con un matrimonio felice e monogamo e tanti interessi nella vita, perché ti devi andare a inguaiare con gli antidepressivi inutili? e anche questo ha un suo senso. Ma diciamo che in questi casi io rimango sempre un pochino perplessa perché mi chiedo sempre se uno che l’ADHD non ce l’ ha, da fuori, veramente ce la fa a rendersi conto di come mi sento io e come faccio fatica a spiegarlo.
il Viagra Rosa, a chi serve (o non serve?)
Queste premesse, che magari siete arrivati fino a qui solo perché vivaddio si parla di sesso e orgasmi ed è ora che rimetto i pezzi insieme in una conclusione coerente, mi si sono accavallati leggendo un paio di cose. Uno è un post di Ravera sulla sua pagina Facebook che mi ha fatto rimanere come quando ho parlato con la mia dottoressa:
“Notiziona: con 17 anni di ritardo sul Viagra, è nata Addyl, il primo medicinale per potenziare la libido femminile. Il principio attivo è la fibanserina, utilizzato in altri tempi come antidepressivo.
La domanda è: se ne sentiva il bisogno? Abbiamo voglia di chimica anche noi? Non avendo il problema di garantire a noi stesse e al nostro/a partner, l’erezione di un parte del nostro corpo, non potremmo, almeno noi, affidarci alla natura? Certo non soltanto alla natura. Anche alla cultura: le fantasie, le storie,
l’affettività, l’erotismo , la seduzione. La certezza matematica dell’orgasmo non è un po’ noiosa? Non svuota le relazioni? Ci tocca proprio medicalizzare l’amore, tocca anche a noi? Ovvio che non sono contraria alle conquiste della scienza, ma il “calo della libido femminile”, a cavallo della menopausa, è anche legato alla svalutazione di noi stesse come possibili oggetti di un qualsivoglia desiderio. In parole povere, anzi, poverissime: ci sentiamo dire da tutti che siamo finite, grigie, brutte, grasse , lagnose e…finiamo col crederci. Proviamo a mettere in discussione quest’immagine scoraggiante e vediamo che succede. Forse possiamo fare a meno della fibanserina…”.
Poi per fortuna mi sono anche letta questo bel post di Abbatto i muri e sottoscrivo tutta la conclusione:
“Di primo acchitto quel che mi viene da dire è solo che la discussione sugli effetti collaterali non riguarda mai i vaccini, gli antibiotici, il cortisone. Anche il Viagra blu ha degli effetti collaterali ma se ne parla il giusto. Quando c’è di mezzo qualcosa che riguarda le donne, chissà perché, a prescindere dallo stereotipatissimo nome in rosa del farmaco in questione, il terrore deve attraversare le nostre menti. Ebbene si, moriremo, ma almeno moriremo godendo. Come vi suona la cosa?”
A me suona talmente bene che sto quasi quasi pensando che non appena lo mettono in commercio, sempre sperando che riesco a mettere insieme i € 300 che costa e ricordarmi di prenderlo per tutto il periodo necessario, mi devo ricordare di provarci. Sempre che nel frattempo i miei 40 schermi televisivi non mi abbiano distratto con qualcos’altro.
Che come don Abbondio il coraggio non se lo poteva dare, vorrei aggiungere pure io che lo stesso vale per il desiderio: se una non ce l’ ha, in fondo non ne ha mai avuto e non è che nel frattempo abbia fatto la suora di clausura, che ci stanno sempre i ben informati a dirti: “eh, ma in quello che dici mi manca il senso di sperimentazione ed avventura” cioè, ma a qualcuno di voi il senso di sperimentazione e di avventura vi viene, che ne so, per spingervi a dipingervi i capelli a strisce viola e verdi, o fare la gare di mangiare 5 cocomeri in mezz’ora, o bere un secchio di acqua salata, o lanciarvi senza paracadute dall’Empire State Building? Perché sono tutte cose che talvolta qualcuno che abbia voglia di provarci lo trovi, ma non è che sia l’ aspirazione dell’essere umano medio. È non vuole peraltro dire che l’ essere umano medio solo per questo manchi di senso dell’ avventura.
Invece è dall’età fertile che vivo in una società che considera il desiderio sessuale una roba talmente scontata che pare che se non ce l’hai è colpa tua che non ti sbatti abbastanza. Che sei repressa. Che hai avuto l’ educazione sbagliata. Non dimostri apertura mentale. O che ti scegli i partner sbagliati, egoisti e che non si danno da fare, povere anime, vedi i pregiudizi. E credo fermamente che il discorso sul Viagra Rosa a volte venga fatto da gente che problemi di desiderio evidentemente non ne ha avuti in vita sua.
Allora se pensate di non averne bisogno buon per voi, perché ne sono di situazioni diverse nella vita, e sarebbe bello, specialmente nel caso di farmaci, se se ne facesse giudicare l’ efficacia a chi pensa di averne bisogno, non a chi non ne ha bisogno. Vale per gli antibiotici, vale per la pillola, che in Olanda la prescrivono con la facilità con cui in Italia ti prescrivono un antibiotico, mentre in altri paesi ti fanno il terrorismo medico-scientifico, vale per il Viagra, che tante battute sui vecchietti mosci ce le potevamo risparmiare, vale per gli antidepressivi, se non riesci umanamente a renderti conto quanto si possa star male da depressi, e vale, a mio avviso, per il Viagra rosa.
Ma in fondo per quanto mi riguarda la cosa più azzeccata la disse un’amica durante una di quelle conversazioni tra femmine, in cui io ammisi che i bonazzi magari esteticamente potevo pure notarli se qualcuno mi ci faceva far caso, ma che di solito mi fregava la distrazione e non li vedevo. “Ma come non ci fai caso?” fece l’ amica giovane incredula. “No, è vero”, fece l’ amica saggia. “Vedere li vede, ma in fondo per lei è come vedere Orso (che all’ epoca aveva 4 anni ed era ancora più puccioso di quanto sia ora)”.
Ecco, se magari ne vale la pena io non ho niente in contrario, per una volta nella vita, a sentire che effetto che fa la famigerata frisson che la gente normale sostiene di provare quando incrocia i/le bonazz* di suo gradimento. Che noi umanisti siamo sempre aperti a tutte le esperienze dell’umano. Hai visto mai che impari qualcosa su te stesso?