Vivo nei Paesi Bassi dal 1991, ho una scuola di lingue ad Amsterdam dal 1998, vengo da una famiglia di emigrati da parecchie generazioni, concedetemi di condividere alcune riflessioni maturate negli anni sulla necessità o meno per gli expat di fare lo sforzo di imparare la lingua locale, e nello specifico l’olandese. Per saggiare la bontà dei miei pregiudizi ho rivolto la domanda in due forum di expat che frequento, uno esclusivamente dedicato a donne con carriere portatili, l’altro generico di italiani all’estero.
Vedete, la mia riflessione è molto semplice. Come scuola la nostra specialità erano i corsi di olandese, italiano e spagnolo, ma siamo persino riusciti ad organizzare corsi di inglese e francese per adulti, che se uno pensa sempre che gli olandesi parlano tutti inglese, il che è vero e non è vero, ci si chiede come mai a un certo punto della propria vita e della propria carriera decidono di pagarsi in proprio un corso serale che non essendo finanziato da nessuno neanche costava poi poco. Insomma, ho avuto corsisti e insegnanti di tutti i tipi di background. Quelli che sono sempre mancati rispetto agli altri erano gli italiani.
Non mi mancano le richieste di informazioni su corsi di olandese o inglese, e regolarmente cerco di organizzarne se ci sono abbastanza persone interessate. Il fatto è che non partono quasi mai. So di scuole che hanno persino smesso di dare informazioni troppo approfondite, la gente viene, si informa, si fa fare il test, si iscrive a volte (senza pagare) e poi sparisce dopo averti fatto perdere un sacco di tempo. Lo fa quel corso? A giudicare da quello che leggo su molti gruppi di italiani in Olanda, di rado.
Altre mie amiche più smaliziate di me, che magari in questi ambienti di expat italiani ci sono cresciute continuano a dirmi di lasciar perdere. A me invece la cosa incuriosisce e ho voluto analizzarla. Ho posto quindi in alcuni gruppi la domanda se secondo loro serviva apprendere la lingua locale, in particolare quando ti puoi arrangiare il quotidiano in inglese, e se si, in che modo questo presentava dei vantaggi rispetto a chi non la imparava.
Le risposte degli expat
In questi gruppi di italiani e italiane all’estero per i cinque continenti (pochissimi però in Olanda) ho ricevuto risposte che si potrebbero categorizzare in tre gruppi:
- il primo di tipo equivoco (nel senso che forse non mi sono spiegata bene io e hanno capito la mia domanda nel senso opposto, ovvero: ma chi me lo fa fare a imparare la lingua locale): ma come ti viene in mente di non provarci neanche, ma allora stattene in Italia, ma non esiste, che ci vai a fare all’ estero. (Il che è confortante.)
- il secondo di tipo pratico: certo, per semplificarsi la vita, trovare un lavoro, comunicare con le scuole degli eventuali figli, farsi amici, semplificarsi le relazioni sociali
- il terzo, se vogliamo, di tipo più filosofico: arricchimento personale, ti amplia la visione del mondo, ti permette di capire meglio il paese che ti ospita e i suoi abitanti.
Specificità dei Paesi Bassi
Il che mi riporta alla domanda iniziale: se vari gruppi di italiani all’estero concordano unanimi che si, serve eccome imparare la lingua locale, e altrimenti resta a casetta tua, come mai proprio tra i moltissimi italiani che conosco, pratico e frequento per lavoro, per blog e amicizia nei Paesi Bassi questo non si traduce in una effettiva conoscenza o comunque sforzo per imparare l’olandese? Prima di dire che tanto gli italiani non sono portati per le lingue, analizziamo la situazione locale.
Chi sono gli italiani nei Paesi Bassi
Per semplificarci la vita guardiamo all’ emigrazione italiana nei Paesi Bassi a partire dal dopoguerra, anche grazie al lavoro di Daniela Tasca e del suo progetto 1001 Italianen. Anche se degli italiani già presenti ricordiamo genericamente i terrazzieri specializzati nella produzione di pavimenti in graniglia a gettata che non per niente ancora oggi in olandese chiamano terrazzo, e i gelatieri, spesso originari del Friuli, ma nei secoli anche banchieri, musicisti, spazzacamini, artigiani eccetera. Risale al 1960 un accordo bilaterale tra i due paesi per l’assunzione di lavoratori a contratto nell’industria tessile, mineraria e metallurgica. Quindi dagli anni ’50-60 avevamo i gastarbeiders, in genere con una scolarizzazione bassissima, che venivano “importati” per lavoro non specializzato che ai locali non interessava. Molti dei nostri vecchi migranti appartengono a questa prima ondata, spesso si sono sposati qui e con la chiusura delle industrie per cui lavoravano i loro figli si sono in qualche modo neutralizzati nel tessuto sociale locale, o sono rientrati in Italia da soli o a seguito dei genitori.
Successivamente dai primi gelatieri e poi pizzaioli sono aumentati gli italiani nella ristorazione e quando sono venuta qui nel ’90 l’emigrazione italiana più visibile era questa, e meno visibile, ma già ben rappresentata, quella intellettuale. Due mondi opposti, gli italiani delle pizzerie e quelli della ricerca e dell’università.
Io sono arrivata con la prima ondata di studenti Erasmus, ma anche allora c’erano diversi italiani, soprattutto di formazione artistica e musicale, che sceglievano di fare una specializzazione nei conservatori e accademie olandesi. Abbiamo ancora tanti musicisti, coreografi, artisti, architetti e designer italiani attivi qui.
Intorno al 2000 abbiamo avuto il boom delle multinazionali, delle organizzazioni transnazionali con quote per paese, come l’Ufficio Brevetti Europeo o l’Agenzia Spaziale Europea, ma anche delle costruzioni fiscali e delle società off-shore
Negli ultimi anni, da questo osservatorio privilegiato che è il mio blog e la mia agenzia di lingue ho visto nascere e crescere l’ondata del di tutto di più. Era iniziato con tanti ventenni, con o senza una diploma o una laurea, ma con voglia di uscire, vedere e fare che si cercavano master, lavoretti o stage che poi diventavano un lavoro serio o una tappa per un altro paese, ai trentenni stufi, ai quarantenni sfiduciati con o senza famiglia, agli imprenditori o investitori trasversali che comunque hanno soldi e un’attività che già funziona in Italia, ma vendo tutto e vado fuori perché non credo più al sistema Italia (e lì ho cominciato a mettermi paura. Quando se ne va chi adesso sta bene, vuol dire qualcosa.)
Taccio ovviamente su chi si innamora di un olandese o chi continua a portare avanti una carriera all’ estero, perché ci sono sempre stati.
Vi accontentate di questo excursus limitato? Bene, allora proseguo.
Che lingue parlano gli italiani nei Paesi Bassi
L’italiano nel bene e nel male lo parlano tutti, fosse pure l’italiano degli emigrati con l’accento tuo locale che si ammorbidisce, i periodi ipotetici che si intrecciano e il code-switching, ovvero l’uso di parole straniere per punteggiare il proprio italiano (che comunque sarà sempre meno di quello di un qualsiasi account-manager o marketing-manager milanese, anche di 15 anni fa) .
Tutti quelli che vengono per studiare o lavorare nelle multinazionali o nei servizi di solito parlano un inglese decente, o persino ottimo. Comunque funzionale. Soprattutto ad Amsterdam.
Pochi, e in genere sono soprattutto quelli venuti per amore o comunque con un partner olandese, o che vivono in provincia, o fanno lavori dequalificati ma appunto in mezzo agli olandesi, arrivano a parlare un olandese corretto. Per dire, ho imparato molto più velocemente l’olandese quando facevo la lavapiatti precaria nell’ospizio che quando frequentavo l’università, dove i miei corsi comunque erano in inglese. La differenza è che facendo la lavapiatti in altri tipi di mense molti colleghi erano studenti anche loro, e almeno il lavoro da lavapiatti se lo sceglievano, ma ciò mi limitava anche i tentativi di comunicazione nell’idioma locale.
Qual è quindi il problema?
Paradossalmente, già ai miei primi tempi, il problema è che l’olandese medio parla troppo bene inglese. Solo se trovi quelli ruspanti hai qualche speranza che se vi dovete dire qualcosa, abbia la pazienza di ascoltarti e risponderti come può. La scuola superiore olandese investe moltissimo nelle lingue straniere, forse 20 anni fa più di adesso. Mio figlio al secondo anno di liceo fa standard inglese, francese e tedesco, più italiano facoltativo che in altre scuole potrebbe essere tranquillamente spagnolo o giapponese o russo. Mettetevi l’animo in pace, se venite nei Paesi Bassi e parlate male l’inglese, rischiate che anche il tassista non analfabetizzato originario del sud del mondo parli più lingue di voi.
La dico esattamente com’è, l’olandese nell’ordine è stato la settima lingua che ho imparato, e quella che mi è costata più sudore, lacrime e sangue di tutte. È stata la disperazione della disoccupata a farmelo imparare al livello di adesso, considerando anche che ho iniziato a 23 anni, che sarebbe pure tardi per farsi l’accento nativo.
Le differenze culturali non aiutano
Uno dice eeeh, ma è un paese europeo, eeeh, ma gli olandesi li chiamano i napoletani del nord, caciaroni, simpaticoni, guardate solo come si divertono ai mondiali. No. Per come funzioniamo noi, i moduli di socializzazione degli olandesi, i loro sistemi di valori, come affrontano il quotidiano e i problemi che decidono di risolvere vanno studiati molto bene. E infatti prima o poi vi scrivo nel dettaglio anche qualcosa in proposito. Ma scontato non è, a meno che non abbiate voi un carattere meraviglioso, ottimista e poco complicato.
Poi negli anni vedo crescere sempre di più un’insofferenza di fondo per gli stranieri. Il paese è piccolo, lo spazio limitato, le grandi città sempre più affollate di gente, di macchine e con percentuali di stranieri che talvolta superano i locali, i partiti xenofobi guadagnano sempre più favori. Se siete venuti qui col mito di Amsterdam, città accogliente e libera, dovreste rivedere un pochino le cose alla prova dei fatti. Sento di gente incazzata, frustrata, depressa, che non riesce in alcun modo ad abituarsi o farsi degli amici e capisco perfettamente da dove gli viene. Solo che non so come essergli d’aiuto perché alla fine pure io posso limitarmi alla risposta equivoca.
Torna a casetta o smuovi il culo
Ecco, sapete che sono logorroica, più conciso di così non mi viene. Però con tutto l’affetto, la gratitudine per la vita che faccio e le opportunità che solo in Olanda mi sono state date, per tutti i pesci in faccia che ho preso e le salutari lezioni di vita e le lacrime e le incazzature private, detto da una che sta qui da vent’anni e più invecchia più scopre di avere sempre meno cose in comune con l’olandese medio autoctono, posso solo dirvi: se proprio avete deciso di restare, fatelo questo piccolo sforzo verso l’Olanda e gli olandesi, e ve ne ritornerà indietro 70 volte 7. Ve lo dico con tutto il cuore e tutto l’affetto. In fondo mi chiamo Mammamsterdam no?
Quindi se ancora riuscite a qualificarvi per uno dei corsi del comune finché hanno i soldi, che anche lì stanno tagliando i fondi, che sono gratis o comunque vi costano meno di qualsiasi altra cosa, fatelo. Iniziate. Datevi una smossa. Trovatevi qualsiasi cosa di volontariato da fare, gli olandesi socializzano facendoci cose insieme. Per dire, andate a fare due chiacchiere con i volontari che dalle 18 alle 01 accolgono i rifugiati in Stazione Centrale, li trovate dietro Wagamama. Sono carini e internazionali e amano evidentemente gli stranieri, lanciatevi. Cavolo, fidanzatevi con un autoctono se tutto il resto non funziona. Fate dei figli olandesi e fatevi insegnare da loro.
Però ve lo dico da linguista, poliglotta e da insegnante di lingue: i corsi gratis non sono né i migliori né i più efficaci per imparare la lingua. Se ve li fate stare bene e ci mettete molto del vostro, vanno benissimo. E anche ai corsi supermegaintensivi da 6-8-10 ore al giorno non ci credo. Non ci credo perché so tre cose di glottodidattica, perché negli anni ho avuto un sacco di corsisti reduci da quei corsi che dopo 2 mesi avevano dimenticato tutto a cui ho offerto un approccio diverso. Ma se avete poco tempo, voglia di investirci e siete abituati a studiare, ci sono molte alternative. Io ve ne indico una, la mia: i miei corsi online di olandese per italiani, con materiale scritto apposta e aggiustato di lezione in lezione.
Il bello è che si fa da casa, e quindi ho studenti che si collegano dall’Italia, dal Belgio, da tutti i Paesi Bassi, vestiti, in ciabatte, in pigiama o come gli viene meglio.
Se vuoi sapere quali corsi ci sono in questo momento scrivimi: info@madrelingua.com.
Magari avete trovato il corso per voi o magari ve ne trovate un altro. intanto ci abbiamo provato.
Cara Mammamsterdam,ti ho conosciuto da poco,cioè il tuo blog,e devo dire che ti seguo un giorno si e uno no e trovo i tuoi articoli molto interessanti.
Non solo perchè sono chiari e nell’insieme semplici,ma anche perchè sono veritieri,e tu sei molto sincera e non tieni peli sullo stomaco,e dici le cose come stanno.
Venendo al tuo articolo sull’imparare l’Olandese o meno,lo trovo molto interessante.Ti voglio dire che chi ti sta vagliando a suo tempo è stato immigrato(in Germania)e ha conosciuto molti italiani,che purtroppo si comportavano da immigrati.Cioè ho conosciuto persone,che stavano in Germania,ma che parlavano un tedesco appena sufficiente a sopra vivere,sul lavoro e nella vita quotidiano,che facevano la spesa nel supermercato e quando dovevano pagare dovevano guardare lo schermo della cassa per pagare perch non capivano quello che dicevano le cassiere.Io ebbi l’occasione di conoscere un assistente sociale italiano che lavorava nella casa degli italiani,luogo di incontro nei fine settimana per gli italiani.Che mi disse:”Alfonso,se vuoi lavorare qui in Germania e migliorare,non devi fare l’emigrante,in terra straniera,ma ti devi integrare,devi capire i tedeschi,la loro cultura il loro modo di vivere e di pensare e di comportarsi”.
E così feci,grazie al suo aiuto in meno di 3 mesi già parlavo a sufficienza la lingua tedesca che pure quella è ostica.Sempre seguendo i suoi consigli dopo sei mesi,parlavo e leggevo il tedesco tanto vero che al mattino quando andavo al lavoro compravo il giornale quotidiano,”il Bildzeitung” che come dire il Mattino a Napoli.Andando avanti,lui mi fece iscrivere a dei corsi di lingua tedesca che si tenevano con la sovvenzione dell’ufficio di collocamento tedesco,e che servivano a noi stranieri a migliorare nel campo del lavoro.Ora dirai cosa centra tutto ciò?Voglio dire a tutti gli immigrati,in Olanda,in Germania,in Inghilterra,se andate all’estero,non fate gli immigrati ma integratevi e integrarsi significa,imparare bene l lingua del paese che ci ospita,non solo parlata,ma anche scritta e nella lettura.Cosi verrete apprezzati anche di più dai vostri colleghi di lavoro dai vostri vicini,dalle persone che ci ospitano.E come dice mammamsterdam non ci pensate 2 volte sopra a imparare la lingua,è un must,come la vedo io è il minimo verso il paese che ci ospita.Grazie mammamsterdam per il tuo blog e i consigli che ci dai.Ti vorrei chiedere se puoi scrivere qualcosa,su come aprire un’impresa di servizi in Olanda,che documenti ci vogliono,gli uffici a cui rivolgersi ecc…,te ne sarei grato.Ciao alla prossima
Grazie Alfonso. Per quanto riguarda la tua domanda, nello specifico avevo scritto questo post: http://mammamsterdam.net/fare-l-imprenditore-ad-amsterdam-faq/ e se vuoi ti mando per e-mail il modulo che mi serve per capire se ti posso aiutare meglio.
Noto con piacere che il trend è cambiato Barbara. Molti italiani qui ora parlano inglese piuttosto bene e molti studiano olandese. Un saluto
sono i ragazzi più giovani che vogliono impararlo, anche perché si accorgono che nel lavoro aiuta.
Capiamoci: olandesi e fiamminghi parlano inglese, lo parlano bene e hanno piacere di parlarlo perche sono gente di mondo, ma l inglese non e la loro madrelingua .